sabato 25 gennaio 2014

Recensione di Lettres à Henri Mondor di Louis-Ferdinand Céline



Maledetto Céline 
Nelle lettere dall’esilio l’urlo disperato dello scrittore

Esce in Francia il carteggio inedito dell’autore del “Voyage” che tra provocazione e vittimismo chiede di essere riabilitato dopo i suoi scritti antisemiti
di Fabio Gambaro, Repubblica 14 gennaio 2014


PARIGI Eccessivo, paranoico, rancoroso, apocalittico. Louis-Ferdianand Céline, l’autore maledetto delle lettere francesi, torna a far parlare di sé. Sono infatti appena giunte in libreria quarantuno lettere inedite che il romanziere scrisse a Henri Mondor, tra il 1950, quando si trovava ancora in esilio in Danimarca, e il 1961, anno della sua scomparsa. In queste epistole pubblicate oggi per la prima volta – Lettres à Henri Mondor (Gallimard, pagg. 167, 18,50 euro) – l’autore di Viaggio al termine della notte si rivolge a quello che all’epoca è un uomo colto e influente, un medico e scrittore molto apprezzato, nella speranza di essere aiutato a rientrare in patria ed essere riabilitato nel mondo culturale francese. E per conquistarsene l’appoggio insiste molto sulla similitudine dei loro percorsi, tra medicina e scrittura. Tuttavia, come sottolinea la curatrice del volume Cécile Leblanc, l’intesa tra i due all’inizio non era assolutamente scontata. Mondor – autorevole membro dell’Académie de Médecine e dell’Académie Française – nell’immediato dopoguerra aveva infatti partecipato al ComitatoNazionale degli Scrittori all’origine di una lista nera di autori collaborazionisti nella quale figurava evidentemente anche il nome di Céline.
Qualche anno dopo però, in occasione del processo in cui l’autore antisemita di Bagatelle per un massacro fu condannato in contumacia a un anno di prigione, Mondor iniziò ad interessarsi più da vicino al percorso di Céline, sostenendo che il suo grande valore letterario dovesse essere distinto dai comportamenti privati e dalle dichiarazioni politiche. È in questo senso che scrisse al presidente della Corte di Giustizia che si occupava del caso dello scrittore. Céline lo ringrazierà calorosamente il 7 marzo 1950, con una lettera che segnerà l’avvio di una corrispondenza durata oltre un decennio, in cui a poco a poco i legami tra i due diventeranno sempre più stretti. Tanto che, quando Céline chiederà a Mondor di scrivere la prefazione per la pubblicazione di Viaggio al termine della notte e Morte a credito nella celebre collana della Pléiade, questi, dopo una prima esitazione, accetterà, contribuendo così a quella consacrazione a cui il romanziere aspirava da sempre.
In queste lettere cariche d’invettive e di lirismo, di trovate linguistiche e di provocazioni burlesche, Céline spinge a fondo sul registro del vittimismo, dicendosi perseguitato e insultato dai suoi concittadini: «Questa frenesia di farmi soffrire è cosmica, è atomica!», scrive fin dalla prima lettera, aggiungendo in quella successiva: «Da molti anni sono così tanto infangato, oltraggiato, perseguitato, cacciato, stritolato». Per lui, «la caccia allo scrittore è lo sport nazionale della Francia». A perseguitarlo sarebbe un «branco di sciacalli », in particolare gli intellettuali vicini a Sartre, tanto che, con il suo stile iperbolico, scrive senza mezzi termini: «Attualmente, il nazional-sartrismo sostituisce dappertutto – e con foga – il nazionalsocialismo appena liquidato».
Céline, che non esita a definirsi «un medico fallito, un poeta fallito, un musicista fallito», in realtà desidera più di ogni altra cosa il riconoscimento letterario. La sua è un’ambizione divorante. Vorrebbe vincere dei premi letterari, ottenere la stima dei critici e soprattutto pubblicare le sue opere nella collana della Pléiade, ma l’editore Gaston Gallimard tergiversa. È il motivo per cui lo tratta da «imbecille», definendolo un «disastroso droghiere». E quando finalmente il progetto inizia a prendere corpo e Mondor accetta di scrivere la prefazione, Céline contribuisce direttamente alla costruzione della propria leggenda, fornendo numerose informazioni e indicazioni al medico intento a lavorare sui suoi testi.
Gli ricorda, per esempio, l’infanzia difficile, la partecipazione alla Prima guerra mondiale, le ferite subite, le difficoltà economiche, l’assenza di vocazione letteraria e la decisione di lanciarsi nella scrittura esclusivamente per motivi economici. Un’affermazione che tuttavia non gli impedisce di vantare l’originalità del suo stile: «Secondo la tradizione “all’inizio era il verbo”: io dico di no! “all’inizio era l’emozione”. L’ameba appena sfiorata non parla, si ritrae, s’emoziona... La piccolissima novità del Viaggio è forse questa capacità di ritrovare l’emozione del linguaggio parlato attraverso la scrittura... In fondo, la sto- conta poco, io non sono che uno stilista, o almeno ho cercato d’esserlo».
Insomma, in queste epistole sorprendenti il romanziere francese, che non esita ad avvicinare la propria scrittura a quella di Rabelais, un altro medico passato alla scrittura, esibisce senza remore le proprie ossessioni e le proprie frustrazioni, ma anche il suo genio e il suo straordinario talento di scrittore. Motivo per cui leggerle oggi è un modo per inoltrarsi nella personalità complessa di uno dei più grandi scrittori del XX secolo.

I documenti
“Sono un fallito, ma fatemi tornare”

COPENAGHEN, 29/4/[1951]
Grazie mio caro per il suo articolo pieno di grande coraggio – e credo anche di grande giustizia. Lei ha messo la penna sulla piaga, la più orrenda piaga dei francesi, la maldicenza, la denigrazione dei loro... non c’è niente da fare. In questo sono veramente gli eredi dei loro padri. L’invidia delirante a qualsiasi prezzo! Ho provato, con mezzi inadatti, l’ammetto, a guarire un po’ la loro vista, a renderli sensibili, più sensibili al canto di casa loro... guardi un po’ a che punto sono arrivato. Il più lebbroso, il più odiato, il più triste e incellulato dei cani. [...] Ah l’odio! Il francese odia il francese; s’interessa veramente a lui solo quando può mandarlo alla ghigliottina o metterlo al muro. Che sollievo! Il vero patriottismo gli manca del tutto. Il patriottismo della creazione, dell’ammirazione, altri ne faranno l’abominevole esperienza! la storia di Francia e la storia della caccia allo scrittore francese, della sua persecuzione e del suo esilio – divertitevi a farne la lista. In un’epoca in cui si fanno tante “liste”. Quanti scrittori francesi sono stati costretti a fuggire la Francia? L’albo è sconfortante. Il francese ha nei confronti dei suoi un solo riflesso: la parzialità, l’odio, il disprezzo, l’oltraggio. Tutto ciò è stato però perfezionato. L’esilio non basta più. Vi si aggiunge la prigione. In fondo, è un odio inconfessato tra i combattenti (i veri combattenti) del 14-18 e quelli del casino del 39. Dobbiamo pagare anche questo. L’animosità inconfessata. A chi si farà mai credere che un reduce di 2 guerre mutilato al 75% sia un venduto alla Germania? Nessuno può crederlo. Ma si vuole crederlo. Per detestare, odiare, torturare le persone, il pretesto è troppo bello!
Cordialmente vostro,
LF Céline
***
MEUDON, 28/12/1959
Mio caro Maestro, [...] Non avevo, non ho mai avuto la vocazione letteraria... ma avevo e fortissima la vocazione medica... Da bambino... essere scrittore mi sembrava stupido e fatuo... fui scrittore mio malgrado, se così si può dire! [...] Alle prese con un’umile clientela a Clichy, in rotta con mia moglie e la sua famiglia, facevo veramente fatica a pagare le rate... in quel periodo andavano di moda i “populisti” tra cui Dabit che conoscevo un po’... arrangiarsi con ogni mezzo! 1932... ho preso il nome di mia madre: Céline per non essere scoperto... senza alcuna vocazione lo giuro, con paura e vergogna, fu scritto “Il Viaggio”... Denoël lo accettò... (n’è morto 22 anni più tardi)... pensavo che al momento della pubblicazione dietro il nome-cognome di mia madre non sarei stato scoperto... che avrei potuto pagare l’affitto e basta! Chissà, comprami un locale! Diamine! Il branco si è scagliato subito contro la bestia! E tutto si è accelerato ! i miei tre difensori al Goncourt furono Ajalbert, Descaves e Daudet... non restava che essere fatto a pezzi, farsi massacrare... nessuna vocazione! A quel punto la medicina era diventata impossibile! La scritturaccia pure! cacciato come sono dai medici-scrittori! Piccolissimo dolore!
L’antisemitismo fu un pretesto all’hallalì... La persecuzione viene da un’altra parte, viene dal Viaggio, dallo stile... [...] Mille auguri e rispetti, Destouches***
12/1/[1960]
Ammirazioni letterarie? Voglio vedere... si può solo apprezzare da molto lontano... m’interesso solo allo stile, frega nulla delle storie! Sono sicuro solo di La Fontaine... Malherbe... Voltaire dei piccoli versi... i romanzieri sono diventati noiosi... Si può imparare il medico di campagna da Balzac? L’adulterio da Flaubert? L’informazione e la ciarlataneria non ci lasciano alcuna curiosità. Restano gli stilisti, ma troppo vicini: Mallarmé, Rimbaud, Baudelaire...

© Gallimard 2013 (Traduzione di Fabio Gambaro)

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