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Tutte le «pazienti» del dottor Destouches
Nelle lettere alle amiche le contraddizioni umane e morali del medico-scrittore francese
«Solo le contraddizioni sono vitali e pratiche». In questa frase, tratta da una lettera indirizzata nel giugno 1932 alla studentesca tedesca Erika Irrgang, è racchiusa l'anima di uno dei più grandi scrittori del '900, il dottor Louis Destouches, universalmente noto con lo pseudonimo di Louis-Ferdinand Céline. La sua più grave contraddizione riguarda il suo antisemitismo, dato che fu sostenuto per tutta la vita da amici o mecenati ebrei, che lo aiutarono all'inizio della sua carriera di medico o come il professore americano Milton Hindus, che lo confortò durante gli anni dell'esilio e della prigionia. Ma le contraddizioni non si fermano qui: valoroso combattente nella Grande guerra, l'autore delle Bagattelle per un massacro fu un convinto pacifista; spietato critico della plutocrazia, visse perennemente ossessionato dal denaro; accusato di comunismo dopo la pubblicazione di Viaggio al termine della notte, nel 1945 fu condannato e incarcerato per «tradimento e collaborazione col nemico tedesco». Un'occasione per conoscere meglio le incoerenze dello scrittore Céline, e soprattutto dell'uomo Destouches, è offerta dal volume Lettere alle amiche (Adelphi, pagg. 272, euro 15; a cura di Colin W. Nettelbeck; trad. Nicola Muschitiello). Le destinatarie della corrispondenza sono sei donne, tra le quali manca Elizabeth Craig, forse il più grande amore di Céline, le cui poche lettere scampate alla distruzione uscirono già negli anni '90.Cinico spregiatore dei sentimenti, Céline fu un insaziabile seduttore che talvolta si mette a nudo con queste amiche o amanti, tanto diverse tra loro per età, cultura e interessi. L'arco temporale in cui si snoda la corrispondenza racchiude gli anni della trasformazione del dottor Destouches, generoso medico epidemiologo che cura poveri e operai in tutto il mondo, nello scrittore Céline, prima riverito e ammirato e poi disprezzato e gettato in prigione. Sbaglierebbe chi, considerando superficialmente le debolezze dell'uomo, giudicasse Céline un opportunista che ha puntato sul cavallo sbagliato. Questa corrispondenza dimostra che, dietro le diverse - e a volte insopportabili- maschere indossate dallo scrittore, c'è un uomo generoso, un artista che ha fatto della ricerca della bellezza e della verità lo scopo impossibile della sua vita. Ecco perché aborre gli ipocriti, e desidera il denaro, che lo può rendere libero dai bisogni. Nelle lettere alla musicista Lucienne Delforge, la invita a essere felice, per quanto sia possibile, e soprattutto a evitare «gli impostori, gli sbaciucchioni complimentosi. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini, di queste debolezze mondane... Tutto deve esser brutale, chi crea non sa che farsene dell'opinione degli uomini, deve agire sulla materia bruta, sulle cose, non sugli uomini». In un paio di lettere, infine, fa capolino l'orrenda esperienza della prigionia, che lo accomuna alle altre «intelligenze scomode» imprigionate, come Ezra Pound o Knut Hamsun, che in fondo patirono un destino migliore dei fucilati come Robert Brasillach o degli assassinati a tradimento come Giovanni Gentile o lo stesso editore di Céline, Robert Denoel. Nell'agosto 1947 scrive a Eveline: «... durante i 17 mesi di prigione (sezione condannati a morte) ogni giorno mi hanno fatto uscire per 12 minuti in una gabbia di 2 metri per 2... per farmi prendere aria . Ho sentito dire da altri detenuti che ad Amburgo avevano rinchiuso i collaborazionisti nelle gabbie degli animali, al Giardino zoologico... Li ho invidiati... almeno vedevano gente!». E alcuni mesi dopo, in un'altra lettera a Eveline, torna sull'argomento collaborazione: «In Francia ogni settimana vengono fucilati 5 collaborazionisti. Ne sono stati uccisi 100.000... Insomma, sembra che sia il prezzo da pagare perché l'Europa diventi di nuovo libera e felice... Anche Cortés in Messico ha reso felici e liberi i messicani».
Luca Gallesi