lunedì 22 febbraio 2016

La morte di Céline recensita da Vincenzo Sparagna su "Il nuovo male"/"Frigidaire"







"FRIGOLIBRI": recensioni di libri da leggere a cura di Vincenzo Sparagna, direttore di FRIGIDAIRE e IL NUOVO MALE

Con passione e finezza letteraria Dominique De Roux ci racconta gli ultimi anni del dottor Destouches, in arte Céline, prima in fuga per sottrarsi ai tanti che lo volevano morto, poi nel rifugio di Meudon, circondato dai suoi cani e curato da Lucette Almansor, la ballerina che per lui rinunciò a se stessa. Céline fu un vero maledetto. Dopo il Viaggio al termine della notte e altri capolavori, aveva infatti simpatizzato ingenuamente per Hitler e scritto nel 1938 Bagatelle per un massacro, un rabbioso libretto dove l’ebreo astratto, simbolo dell’odiato borghese, era visto come il male da estirpare dal mondo. Da ciò l’accusa di antisemitismo che dopo la guerra, con la scoperta dei campi di sterminio, lo fece apparire ingiustamente complice dell’olocausto: un tragico equivoco. In realtà il suo antisemitismo nasceva dal disprezzo per la società borghese, dallo schifo per gli intellettuali, finti idealisti dalla pancia piena. Ma non c’era modo durante il crollo della Francia di Vichy di chiarire alcunché. Così nel 1944, con Lucette e il gatto Bébert lasciò Parigi. Prima tappa: Sigmaringen sul Danubio. Qui riprese l’attività medica e curò gratis poveri e disperati. Poi, il 31 marzo 1945 passò il confine danese, ma venne arrestato e restò in carcere 14 mesi. Solo nel 1951, dopo l’amnistia, tornò in Francia e si ritirò a Meudon. Morì nel 1961. Tre anni prima, incuranti dell’ostilità dell’intellighenzia francese, due giovani fans americani erano giunti fino al suo eremo: si chiamavano Allen Ginzberg e William Burroughs.

Dominique De Roux - La morte di Céline
Lantana editore - pagine 132 - euro 16
(Recensione pubblicata su IL NUOVO MALE n.25, di novembre 2015)

mercoledì 17 febbraio 2016

'La morte di Céline' di de Roux su Avvenire



Bella recensione di Cosimo Argentina al fondamentale libro 'La morte di Céline' di de Roux su Avvenire di oggi!
Pote acquistare il libro a prezzo scontato qui http://www.lantanaeditore.com/site/2015/la-morte-di-celine/ o nella vostra libreria di fiducia!



Ritratto di Céline 
da parte di un devoto 
innamorato del mito 
di Cosimo Argentina

Un appassionato una volta che s’è cibato delle opere dei suoi autori prediletti tende a scavare, scavare sempre più, provare ad andare a fondo, spiarne i comportamenti, i tic, il modo in cui sorrideva alla moglie, come accarezzava il cane. Ho letto un libro uscito in Francia nel 1966, rieditato nel 1968 e arrivato da poco in Italia:. La morte di Céline edito da Lantana scritto da Dominique De Roux e curato per l’edizione italiana da Andrea Lombardi, un adepto della cerchia céliniana. Quando esce il libro, Céline è morto da appena cinque anni. La cosca dei céliniani vive ancora sull’entusiasmo della “Trilogia del Nord” anche se gli accoliti stentano a uscire dalle catacombe letterarie in cui si sono auto confinati dopo libri come Bagatelle per un massacro o La scuola dei cadaveri. Tra gli anni 50 e i 60 Louis Ferdinand ha spaccato la crosta lattea letteraria risorgendo dalle sue ceneri con Da un castello all’altro, Nord e Rigodon. L’ultimo addirittura l’ha terminato il giorno della sua morte, il primo luglio 1961. Céline muore lo stesso giorno in cui un altro immenso trova la morte: Ernest Hemingway. Il primo per lo scoppio di un aneurisma, l’americano rivolgendosi contro le canne di uno dei suoi fucili da caccia nella casa di Ketchum. De Roux fa tenerezza nel confezionare un documento di alto valore apologetico. Si disinteressa del controllo delle fonti. Se ne infischia della verità storica e letteraria. Lui sa che deve assolutamente urlare il suo grido di dolore per la morte del Padre. È un figlio che raccoglie i pezzi di una vita balorda, quella del parigino vissuto in un passage e insignito della croce di guerra, diviso tra la passione per la medicina e l’ingombrante magia della penna. Per una volta possono essere disattesi i dati. De Roux ci vuole far sapere come si aggirava il Maestro tra i rovi sul retro della casa di rue des Gardes a Meudon, impennato sobborgo di Parigi. Dominique farcisce il suo omaggio infilandoci Cristiano X di Danimarca, Flaubert, Proust, i canti di Maldoror, Toulouse Lautrec, Hamsun, Ezra Pound, Nietzsche e mille altri. Li mette in ordine sparso, come capitano, non vuole linearità perché un urlo di dolore non pu essere lineare. Di lineare c’è solo il disprezzo per un mondo letterario irreggimentato da editori copia e incolla. A De Roux invece importa di Bébert, della moglie ballerina che compra la casa del ritorno a Parigi. Ci fa vedere la meschinità dei danesi, del secondino arido e neutro. Ci parla dei dissapori tra Céline e chi correggeva le bozze. Andrea Lombardi fa largo uso di note, richiami necessari a chi conosce poco dei geroglifici sociali di Francia Danimarca e Germania. Ma quello che viene fuori da questo libro di 130 pagine è che gli imperdonabili non hanno vita facile a questo mondo. Vengono tacciati come falsi profeti e nella migliore delle ipotesi finiscono in un oblio da dove è difficile tirarsi fuori. Che effetto fa questo libro? Beh, l’effetto di un atto di amore per chi ha saputo ammaliarci con le sue parole senza cercare la scorciatoia del consenso.

domenica 7 febbraio 2016

"Lettere alle amiche", di Louis-Ferdinand Céline, Adelphi 2016




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Tutte le «pazienti» del dottor Destouches
Nelle lettere alle amiche le contraddizioni umane e morali del medico-scrittore francese


«Solo le contraddizioni sono vitali e pratiche». In questa frase, tratta da una lettera indirizzata nel giugno 1932 alla studentesca tedesca Erika Irrgang, è racchiusa l'anima di uno dei più grandi scrittori del '900, il dottor Louis Destouches, universalmente noto con lo pseudonimo di Louis-Ferdinand Céline. La sua più grave contraddizione riguarda il suo antisemitismo, dato che fu sostenuto per tutta la vita da amici o mecenati ebrei, che lo aiutarono all'inizio della sua carriera di medico o come il professore americano Milton Hindus, che lo confortò durante gli anni dell'esilio e della prigionia. Ma le contraddizioni non si fermano qui: valoroso combattente nella Grande guerra, l'autore delle Bagattelle per un massacro fu un convinto pacifista; spietato critico della plutocrazia, visse perennemente ossessionato dal denaro; accusato di comunismo dopo la pubblicazione di Viaggio al termine della notte, nel 1945 fu condannato e incarcerato per «tradimento e collaborazione col nemico tedesco». Un'occasione per conoscere meglio le incoerenze dello scrittore Céline, e soprattutto dell'uomo Destouches, è offerta dal volume Lettere alle amiche (Adelphi, pagg. 272, euro 15; a cura di Colin W. Nettelbeck; trad. Nicola Muschitiello). Le destinatarie della corrispondenza sono sei donne, tra le quali manca Elizabeth Craig, forse il più grande amore di Céline, le cui poche lettere scampate alla distruzione uscirono già negli anni '90.Cinico spregiatore dei sentimenti, Céline fu un insaziabile seduttore che talvolta si mette a nudo con queste amiche o amanti, tanto diverse tra loro per età, cultura e interessi. L'arco temporale in cui si snoda la corrispondenza racchiude gli anni della trasformazione del dottor Destouches, generoso medico epidemiologo che cura poveri e operai in tutto il mondo, nello scrittore Céline, prima riverito e ammirato e poi disprezzato e gettato in prigione. Sbaglierebbe chi, considerando superficialmente le debolezze dell'uomo, giudicasse Céline un opportunista che ha puntato sul cavallo sbagliato. Questa corrispondenza dimostra che, dietro le diverse - e a volte insopportabili- maschere indossate dallo scrittore, c'è un uomo generoso, un artista che ha fatto della ricerca della bellezza e della verità lo scopo impossibile della sua vita. Ecco perché aborre gli ipocriti, e desidera il denaro, che lo può rendere libero dai bisogni. Nelle lettere alla musicista Lucienne Delforge, la invita a essere felice, per quanto sia possibile, e soprattutto a evitare «gli impostori, gli sbaciucchioni complimentosi. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini, di queste debolezze mondane... Tutto deve esser brutale, chi crea non sa che farsene dell'opinione degli uomini, deve agire sulla materia bruta, sulle cose, non sugli uomini». In un paio di lettere, infine, fa capolino l'orrenda esperienza della prigionia, che lo accomuna alle altre «intelligenze scomode» imprigionate, come Ezra Pound o Knut Hamsun, che in fondo patirono un destino migliore dei fucilati come Robert Brasillach o degli assassinati a tradimento come Giovanni Gentile o lo stesso editore di Céline, Robert Denoel. Nell'agosto 1947 scrive a Eveline: «... durante i 17 mesi di prigione (sezione condannati a morte) ogni giorno mi hanno fatto uscire per 12 minuti in una gabbia di 2 metri per 2... per farmi prendere aria . Ho sentito dire da altri detenuti che ad Amburgo avevano rinchiuso i collaborazionisti nelle gabbie degli animali, al Giardino zoologico... Li ho invidiati... almeno vedevano gente!». E alcuni mesi dopo, in un'altra lettera a Eveline, torna sull'argomento collaborazione: «In Francia ogni settimana vengono fucilati 5 collaborazionisti. Ne sono stati uccisi 100.000... Insomma, sembra che sia il prezzo da pagare perché l'Europa diventi di nuovo libera e felice... Anche Cortés in Messico ha reso felici e liberi i messicani».

Luca Gallesi