martedì 17 aprile 2012

"Céline ci scrive - Le lettere di L.-F. Céline alla stampa collaborazionista francese" recensito da Patrizio Paolinelli

 

L’ingenuo perfetto. Le lettere di Céline alla stampa collaborazionista

di Patrizio Paolinelli 


Talvolta non c’è niente di più antipoetico della vita di un poeta. Non fa eccezione la parabola di Louis-Ferdinand Céline negli anni in cui cede ai richiami della teoria della razza, all’anticomunismo viscerale, al nazismo. Vero poeta Céline racchiude dentro sé l’infinito spettro del sentire umano. Si tratta di una pressione incontenibile, insopportabile, dolorosa. Una pressione che conduce lungo le strade dell’incomprensione, della follia, dell’emarginazione. Strade battute dal Céline ossessionato dal complotto giudaico e respinto dalle tante destre che pensava lo avrebbero accolto a braccia aperte come ideologo tout court.
Percorrendo vie che non portano da nessuna parte a un certo punto Céline libera i demoni che dettano Bagatelles pour un massacre e i successivi pamphlet antisemiti. Libelli disperati, scritti di getto, a metà strada tra politica e letteratura. Libelli che danno voce alla cattiva coscienza di un uomo terrorizzato da un nuovo conflitto europeo. Con lo scoppio della guerra la prudenza avrebbe consigliato a Céline il ritiro dalla scena. Invece lo scrittore radicalizza ancor più le proprie posizioni politiche. Compromissione che finalmente anche il lettore italiano può verificare grazie alla recente pubblicazione di Céline ci scrive (Settimo Sigillo, 240 pagg., 25 euro). Un testo che riproduce gli interventi dello scrittore sulla stampa collaborazionista francese tra i 1940 e il 1944. Ideatore e curatore della raccolta è Andrea Lombardi, studioso di storia militare, appassionato lettore dell’opera di Céline e animatore del più importante blog italiano dedicato allo scrittore francese (http://lf-celine.blogspot.com).
Céline ci scrive è un lavoro importante. Intanto, perché almeno in parte colma il vuoto lasciato dal divieto di Céline di rieditare i tre pamphlet che tanti guai gli hanno procurato. Poi, perché le lettere alla stampa collaborazionista mancano quasi del tutto dei tanti passaggi poetici che caratterizzano i libelli consegnandoci per così dire il Céline integralmente politico. Infine, perché dopo aver concluso la lettura del libro ci rendiamo conto che il poeta prevale nettamente sul polemista.
Come si arriva a tale conclusione? Non certo prestando orecchio alle proposte politiche dello scrittore. Proposte che resteranno del tutto ininfluenti sulle scelte degli occupanti tedeschi e del governo di Vichy. Sia con i libelli che con le lettere alla stampa collaborazionista Céline grida nel deserto. Nessuno lo ascolta, talvolta è persino censurato, ma lo si lascia urlare perché non si può negare la parola a chi col Voyage au bout de la nuit ha rivoluzionato il romanzo francese, non si può negare la parola a un mostro sacro della letteratura.
In quanto a mostruosità Céline non si fa certo pregare. Nelle lettere alla stampa collaborazionista pretende la pulizia razziale della nazione, accusa Pétain di essere filosemita, taccia i francesi di debolezza, codardia e degenerazione, esalta la crociata antibolscevica, reclama sangue per la causa ariana, chiede fanatismo assoluto per la comunità di popolo e ovunque l’ebreo-comunista deve essere stanato. Ovunque: anche dentro i francesi purosangue. Ma i francesi sono purosangue? No. Ed ecco allora Céline avanzare l’idea di dividere la Francia in due parti: quella del Nord, lavoratrice e razzista, con capitale Parigi, e quella del Mediterranea, bizantina e latina, con capitale Marsiglia. Troppo, anche per gli estremisti della destra più reazionaria.
Se non si presta ascolto a queste farneticazioni cosa resta del polemista Céline? La solitudine e lo stupore. Ossia una condizione e una qualità del poeta. Non è esclusivamente politica la chiave per comprendere le lettere alla stampa collaborazionista (così come i pamphlet) perché politicamente Céline è l’ingenuo perfetto: colui che crede alla completa adesione tra parole e fatti. E l’ingenuo perfetto si stupisce enormemente quando la realtà non è coerente con le promesse. In Céline lo stupore si trasforma in rabbia, in un’esigenza ancora maggiore di perfezione. Finisce così per isolarsi sempre di più.


VIAPO, inserto culturale del quotidiano Conquiste del lavoro, 14 aprile 2012.



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