Le lettere di fuoco del sulfureo Céline
In un libro le missive dello scrittore ai giornali "collabò"
di Adriano Scianca
Una Feltrinelli o una Einaudi qualsiasi, probabilmente, avrebbero sorvolato. Tagliuzzato, selezionato. Epurato. Perché lo scandalo va coltivato in serra, controllato, reso potabile o altrimenti nascosto sotto al tappeto. Settimo Sigillo, invece, ha avuto il coraggio della verità. Ed è così che, proprio per i tipi della casa editrice romana, è potuto arrivare sugli scaffali delle librerie italiane questo incredibile Céline ci scrive (a cura di Andrea Lombardi, pp. 240, € 25,00), raccolta senza censure e senza attenuazioni delle lettere scritte dal dottor Destouches alla stampa collaborazionista francese tra il 1940 e il 1944. È un cazzotto allo stomaco, diciamolo subito. Anche il lettore meno sensibile al politicamente corretto, infatti, avrà qualche giramento di testa nell'avere a che fare con un Céline «sorpreso che qualcuno, avendo una baionetta a disposizione, non ne faccia un uso illimitato», come dirà Ernst Junger. Sarebbe ovviamente una indebita edulcorazione quella che volesse stemperare le invettive céliniane degradandole a mero artificio retorico. Ma di sicuro si ha spesso l'impressione che Io scrittore ponga sul piatto gli argomenti più sulfurei per portare il discorso all'estremo, per stanare ipocrisie e trasformismi. Certe cose, infatti, «chi le scriveva allora? Nessuno. Chi baciava le ciabatte a Blum? Tutti. I blumisti di ieri sono gli hitleriani di oggi, pressappoco.e se cambia il vento, i comunisti di domani». Di fronte alle piccole viltà di chi cade sempre in piedi, Céline invoca coerenza fino al punto di rottura, chiedendo al prossimo l'estremismo come cartina di tornasole della autenticità. È un gioco pericoloso, però. E un bel po' sulfureo. Così facendo, l'autore del Voyage riuscirà per-sino a farsi censurare da alcune riviste collaborazioniste che pure non è che ci andassero leggeri su certi temi. Come quando, nel 1942, manderà a Je suis partout un articolo in cui chiederà di dividere la Francia in due: quella a nord della Loira, ariana e fascista, e quella a sud, "sovralgerica", meticcia ed ebraicizzante... Fa tuttavia bene Andrea Lombardi a porre in appendice una breve ma significativa antologia di poesie e prose antifasciste dell'epoca, dove l'invito ad ammazzare, sterminare, violentare, se possibile godendone luciferinamente, è ribadito con eguale enfasi e forse persino con un po' più di serietà. A Céline, rispetto a Louis Aragon, va semmai ascritto il merito di aver sparso parole di fuoco infischiandosene del senso della storia, della pretesa oggettività di un sistema filosofico, dello scintillio delle buone intenzioni. Oltre al fatto di non essersi meritato una stazione della metropolitanaa suo nome, cosa che invece è accaduta, a Parigi, al cantore della Gheppeù. Il poeta comunista, non a caso, attenderà il sol dell'avvenire senza fretta, nella sua lussuosa villa con parco di sei ettari. Céline e consorte, invece, avranno diversa fortuna. Della coppia, all'epoca buia dell'epurazione, ha tratteggiato questo gustoso - quanto amaro - ritratto Stenio Solinas, nella lunga introduzione al libro: «Lui la chiama urlando, e impreca se lei non risponde, lei gli replica per le rime, il pappagalloToto si intromette e a sua volta ripete le ingiurie del suo padrone... Per i vicini non è una musica paradisiaca, aggravata dal fatto che quando i cani si mettono ad abbaiare Céline non li zittisce, ma anzi li aizza, come se alle porte ci fosse il nemico...». Cani, gatti, pappagalli. Vestiti sempre più simili a stracci, uno spago per tener su i calzoni. È l'altra faccia dello scrittore maledetto. Che, del resto, continuerà fino alla fine a spiazzare chiunque deciderà di avvicinarsi alla sua controversa figura. «Chi è portato al compatimento - spiega ancora Solinas - si ritrova spesso e volentieri scavalcato dall'accorgersi che l'oggetto compatito in realtà calcola, sor-veglia, non sbaglia una mossa, piange a comando, insulta e si ritrae. Chi vorrebbe smascherare il vecchio gigione, scopre orgogli insospettabili, nobiltà di comportamenti, suprema indifferenza per "valori" allora (come oggi) alla moda: il successo, gli agi, le comodità...». L'inafferabilità del personaggio è narrata anche da Karl Epting, dal 1933 al 1944 direttore dell'Istituto tedesco di Parigi, che metterà giustamente l'accento sul «contrasto profondo tra la sua presa di posizione verso le collettività impersonali, per esempio, americane, inglesi, russe, ebraiche e massoniche, nella quale poteva essere di una crudeltà che, nei suoi discorsi, arrivava sino al parossismo, e il suo comportamento verso l'individuo concreto, uomo o animale che fosse, nel quale non ha mai cessato di restare il medico e il protettore». È questo che fa di Céline un oggetto sempre sfuggente, sempre indecifrabile. Un filantropo che aveva deciso di sputare in faccia al mondo. Un irregolare del pensiero, lingua di fuoco e braccia accoglienti. Senza uno straccio di stazione della metro a suo nome.
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1 commento:
"Chi baciava le ciabatte a Blum? Tutti. I blumisti di ieri sono gli hitleriani di oggi, pressappoco.e se cambia il vento, i comunisti di domani"
Questo intanto andrebbe ad epigrafe di molti,non dico contestatori,ma dispregiatori di LFC ,di oggi e di ieri, e di molti altri ancora,ma non certo del Nostro.Profetico!
Ho letto il libro,altro che sulfureo! Un Céline che ne ha per tutti,ebrei,francesi,generali,trasformisti,letterati....senza peli sulla lingia ed esponendosi ad attacchi di ogni genere e da ogni parte pur di dire quel che pensa.Il clima del tempo d'altronde era quello che era,e il parallelo con Aragon é illuminante.
Ma alla fine di tante invettive,si ha sempre l'impressione che LFC sia altro,molto altro,e poco inquadrabile in schemi da quanto appare in queste lettere violente e appassionate.La veemenza del polemista appare incompatibile e per molti incomprensibile con la concreta umanità dell''uomo.quasi fossero due persone diverse
A chi non ha capito LFC,pare una contraddizione.
Condivido quindi pienamente la chiusa della recensione:
"È questo che fa di Céline un oggetto sempre sfuggente, sempre indecifrabile. Un filantropo che aveva deciso di sputare in faccia al mondo. Un irregolare del pensiero, lingua di fuoco e braccia accoglienti."
Ps- Nella lettera a Lucien Combelle,c'è un'interessante ritratto di Proust,definito scrittore talmudico.
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