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sabato 11 febbraio 2012

Cathérine Maubon (Università di Siena) e il “Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinand Céline


http://www.sienanews.it/2012/02/07/video-la-carica-eversiva-di-celine-a-lunedilibri/

[...] Molto apprezzata, da parte del numeroso pubblico presente, anche la scelta di proiettare un’intervista allo scrittore del 1959, realizzata della televisione pubblica francese, nella quale emerge - ha commentato Cathérine Maubon - l’incontestabile dimensione ironica del personaggio e la sua personalità multiforme.
Marcello Flores d’Arcais, docente di Storia contemporanea e Storia comparata, ha invece contestualizzato l’ambientazione storica del romanzo: La situazione sociale ed economica del tempo risentiva molto della crisi del 1929, anche se i suoi effetti erano più acuti negli Stati Uniti o in Germania, piuttosto che in Francia. Qui, vi era piuttosto una forte instabilità politica, a causa di coalizioni elettorali labili e poco coese.
“Viaggio al termine della notte”, per molti aspetti autobiografico, propone un viaggio-delirio fra le contraddizioni e le ipocrisie dell’inizio del XX secolo: gli orrori della trincea della Prima guerra mondiale, la ferocia dello sfruttamento coloniale, il degrado delle metropoli moderne e dei sobborghi operai, gli incubi tayloristici delle catene di montaggio, l’avvento di una piccola borghesia cinica e faccendiera. La storia si sviluppa intorno alla figura del dottor Bardamu, medico professionista, sorta di alter ego dell’autore che permette a Céline di riversare nel romanzo la sua carica sovversiva nei confronti dell’ordine sociale e dei canoni letterari dell’epoca.
 Céline scandalizza perché rompe lo scarto tra morale e letteratura – ha affermato Cathérine Maubon - La forza dirompente del “Viaggio” e le origini del suo successo, che lo rendono ancora attuale, non stanno tanto nel materiale narrato, quanto nelle forme espressive del romanzo, attraverso le quali sferra un attacco dirompente alla lingua e agli ambienti accademici ed elitari del suo tempo, quelli in cui si parla con l'accento distinto di chi dà gli ordini ai domestici. [...]

giovedì 12 maggio 2011

Confesso: ho tradotto Céline e lo rifarei




Confesso: ho tradotto Céline e lo rifarei
di Ernesto Ferrero


Sono passati vent’anni da quando ho tradotto per il risorto Corbaccio il Voyage au bout de la nuit di Louis-Ferdinand Céline. Giusto sessant’anni dopo la versione di Alex Alexis, alias Luigi Alessi, polimorfo letterato, drammaturgo, giornalista, editore cuneese, già legionario fiumano con D’Annunzio, che nel 1927 aveva tentato la fortuna a Parigi, conducendo a Montparnasse un’esistenza da bohémien in mezzo a irregolari e devianti d’ogni tipo e Paese.
A me hanno dato sei mesi di tempo, a lui la metà. Ma l’avventuroso Alessio non ha dovuto lottare soltanto contro il tempo tiranno. Si è ritrovato in una situazione addirittura drammatica, perché non aveva una lingua in cui trasporre le novità perturbanti dello stile di Céline; o, se anche se la fosse inventata, non sarebbe stata accettata, in primis dal pur bravissimo editore Enrico Dall’Oglio, il più lesto a capire, con l’aiuto di Gian Dàuli, le qualità di quel capolavoro; e poi dal pubblico, abituato a ben altri standard stilistici. L’italiano letterario degli anni trenta è un italiano da salotto buono, ben educato, inamidato, compassato, finto elegante, un po’ narciso e squisito, curtense per abitudine secolare, afflitto da pesanti complessi di superiorità, poco adatto a rappresentare una realtà popolare o degradata, a misurarsi con il parlar basso: con la verità tutta intera dell’uomo com’è. Impensabile, in quegli anni, irrobustirlo con apporti dialettali. I dialetti erano considerati dei relitti di un Paese povero e arretrato da nascondere accuratamente, parenti poveri che era meglio non esibire; al massimo, delle toppe arlecchinesche buone per produrre colore locale a buon mercato. All’epoca Gadda non aveva ancora scritto né L’Adalgisa né il Pasticciaccio, e Pasolini aveva dieci anni.
Il problema non era tanto e solo lessicale. Henri Godard, curatore delle opere nella Pléiade, ha contato 37 voci argotiche, e lo stesso Céline guardava l’argot quasi con fastidio, perché sapeva che nulla invecchia tanto rapidamente. Mirava a ben altro, lui. Come ha osservato Giuseppe Guglielmi, cui le traduzioni céliniane tanto devono, l’uso che Céline fa dell’argot non è mimetico, ma sporadicamente omeopatico.
Il problema era sintattico, di tono generale, legato all’invenzione di una lingua popolare e simil-quotidiana che in realtà nessuno parla. Il dottor Destouches è stato il primo a capire che il parlato che esce da una registrazione stenografica o da un registratore audio è inutilizzabile, per iscritto. Suona piatto, banale, approssimativo, sciatto. Su pagina, il parlato esige una capacità di reinvenzione assoluta. Quello che Céline perfeziona, sotto la spinta emotiva di un amore deluso per l’uomo che diventa furia irridente, è un puro jazz, un jazz metropolitano arrischiato su tutti gli oggetti che gli capitano a tiro, come in una qualunque banlieu creola. La sua «petite musique» è fatta di slogature sintattiche, salti, fratture, dislocazioni e inversioni di parole all’interno delle frasi, un incrociarsi ossessivo e percussivo di pronomi, avverbi, congiunzioni. È un batterista nato, il medico dei poveri. Scardina sistematicamente la consecutio temporum per ricreare nel flusso di un discorso tutto al passato le emozioni, i soprassalti, le urgenze del presente; usa il condizionale al posto degli aborriti congiuntivi: «me ne stavo andando e mai la rivedrei di sicuro».
Altra «grana» céliniana che il traduttore deve affrontare, l’uso frequente, vorrei dire teppistico, del que, su cui si sono dottamente esercitati grammatici e linguisti d’Oltralpe: «C’est à la fête qu’on est!, que je hurle moi». Riprodurlo tal quale in italiano si può fare, ma alla lunga risulta un po’ cacofonico e inutilmente fastidioso. Proprio sullo scoglio della resa italiana del que si sono appuntati i missili critici del convegno Tradurre Céline tenuto all’Università di Cassino nel marzo 1997.
Perché ricordo questi passaggi di sesto grado, non sempre riusciti, sulle impervie pareti nord del Voyage? Perché la traduzione, come l’analisi psicoanalitica, è per sua natura interminabile. Non le è concesso di raggiungere un termine, un’uscita dal tunnel degli scavi. A un certo punto bisogna uscirne perché così chiedono la logica e l’editore, ma il lavoro non è compiuto: è un’imbastitura, un’ipotesi, una modesta proposta, una pratica servile che dovrebbe consentire al lettore di misurarsi con l’originale in prima persona, tanto più che, come sappiamo, ogni lettura, anche dalla propria lingua materna, è una traduzione.
Appena finito il lavoro, se ne colgono le manchevolezze, e il tempo che passa non fa che accrescerle. Così come ogni generazione è chiamata a riscrivere la propria storia, è anche vocata a ritradurre i suoi classici. Perché i codici, il linguaggi, le sensibilità cambiano insieme a noi, rapidamente, e impongono interpretazioni sempre nuove, come accade con la musica.
Stefano Mauri, presidente del gruppo Mauri Spagnol cui appartiene il Corbaccio, mi ha già invitato da tempo a riprendere la vecchia traduzione e a darne una nuova, tanto più che il 1° luglio 2011 ricorre il 50° della morte dell’eremita di Meudon. Sono d’accordo con lui, evidentemente, e l’impresa mi tenta, anche perché ricordo i mesi passati nella luminosa oscurità della miniera del Voyage come una lunga apnea felice, l’occasione irripetibile di convivere per qualche tempo con uno scrittore grandissimo, una fonte continua di sorprese, emozioni, sbalordimenti, gratificazioni, come sempre accade quando riusciamo a metabolizzare la grande arte (che so, Dante, Shakespeare, Mantegna, Bach), fino a sentircene arricchiti, appagati; fino a trovare in essa il senso di un’intera civiltà e del nostro stesso vivere. Fin che possiamo diventare una parte anche infinitesimale di questa storia, tutto si giustifica.
Se traccheggio e tiro di lungo, e comunque mancherò l’occasione del cinquantenario imminente, è per i soliti banalissimi motivi: altri impegni che incombono, l’idea di compensi non proporzionati alla fatica. Ma ha ragione Andrea Casalegno, che alla traduzione ha dedicato pagine assai fini: nessuna traduzione deve essere mai buttata. Anche la meno riuscita, la più approssimativa concorre alla storia della cultura, ne fa parte integrante, come certi antenati di cui magari ci vergogniamo un po’ ma che servono a spiegare da dove veniamo, nel bene e nel male. Raffrontare traduzioni vecchie e nuove non è solo utile, è fondamentale, l’esercizio che ogni scrittore serio dovrebbe fare per proprio conto, e senz’altro fine che la propria crescita espressiva, perché non si impara mai tanto, e mai tante cose si capiscono come da questo confronto riga per riga, parola per parole, fra codici e sistemi diversi. Chi sappia un po’ di tedesco trarrà non poco profitto e diletto dalla comparazione della storica traduzione di Ervino Pocar della Montagna incantata con quella recentissima di Renata Colorni, nuova sin dal titolo cambiato e filologicamente più esatto: La montagna magica.
Ecco, sentirmi parte di questa continuità, di questo lavoro che non finisce mai, di questa comunità operosa di api traduttorie che danno tanto e ricevono così poco, in tutti i sensi, e tuttavia continuano a vivere la loro passione con l’intensità di una prima volta, tutto questo mi fa sentire meglio, e mi spinge a mettere per iscritto che un giorno non troppo lontano dovrò pur rimettere mano a quella beata, impervia fatica.
Marzo 2011

Nota della Redazione



La traduzione del Voyage di Alex Alexis, cioè Luigi Alessi, uscì per il Corbaccio di Enrico Dall’Oglio, Milano, nel 1933; quella di Ernesto Ferrero nel 1992. La montagna incantata, traduzione italiana di Ervino Pocar di Der Zauberberg di Thomas Mann, uscì nel 1965 come nono volume di Tutte le opere di Thomas Mann, a cura di Lavinia Mazzucchetti, per Mondadori, Milano, e fu poi ristampato più volte dallo stesso Corbaccio; sempre presso Mondadori, nella collana «I Meridiani» da lei stessa diretta, Renata Colorni ha dato, nel 2010, la nuova versione dal titolo La montagna magica.












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Grazie a Valeria per la segnalazione!

mercoledì 16 febbraio 2011

Mi son messo a guardarlo molto più da vicino l'Alcide...



...via via che confessava la colpa di non essere abbastanza generoso, con i suoi baffetti impomatati, le sopracciglia da eccentrico, la pelle calcinata.


Il pudico Alcide! Quante ne aveva dovuto fare di economie sulla sua paga striminzita... sui suoi premi d'arruolamento da fame e il piccolo commercio clandestino... per mesi, per anni, in quell'infernale Topo!... Non sapevo cosa rispondergli io, non ero molto competente, ma mi superava talmente in fatto di cuore che diventai tutto rosso... In confronto all'Alcide, non ero che un cafone impotente io, grossolano e fatuo ero... Non si poteva smarronare. Era chiaro.


Non osavo più parlargli, mi sentivo all'improvviso totalmente indegno di parlargli. Io che ancora ieri lo trascuravo e perfino lo disprezzavo un po', Alcide.


« Non ho avuto fortuna, proseguiva lui, senza rendersi conto che mi imbarazzava con le sue confidenze. Immàginati che due anni fa, lei ha avuto la paralisi infantile...Figùrati...Tu sai cos'è la paralisi infantile? »


Mi spiegò allora che la gamba sinistra della bambina continuava a essere atrofizzata e che seguiva una cura con l'elettricità a Bordeaux, da uno specialista.


« E una cosa che si guarisce, tu credi?... » si inquietava lui.


Gli assicurai che si aggiustava benissimo, proprio completamente col tempo e l'elettricità.


Parlava della madre che era morta e della malattia della piccola con molte precauzioni. Aveva paura, anche di lontano, di farle del male.


« Sei stato a vederla dopo la malattia? - No... ero qui.- Ci andrai presto? - Credo che non potrò prima di tre anni... Tu capisci qui, faccio un po' di commercio... Allora questo l'aiuta un po'... Se prendo un congedo adesso, al ritorno il posto sarebbe preso... soprattutto con quell'altra carogna...»


Così, Alcide aveva fatto domanda per raddoppiare il soggiorno, per farsi sei anni di fila a Topo, invece dei tre, per la nipotina di cui non possedeva che qualche lettera e il ritrattino.


« Quel che mi dispiace, riprese lui quando ci coricammo, è che lei laggiù non ha nessuno per le vacanze...E dura per una bambina... »


Evidentemente Alcide faceva evoluzioni nel sublime come se fosse casa sua, per così dire con familiarità, dava del tu agli angeli, 'sto ragazzo, e aveva l'aria di niente.


Aveva offerto quasi senza un dubbio a una ragazzina vagamente apparentata anni di tortura, l'annichilimento della sua povera vita in quella torrida monotonia, senza condizioni, senza mercanteggiare, senz'altro interesse che quello del suo buon cuore.


Offriva a quella ragazzina lontana tanta tenerezza da rifare il mondo intero e questo non si vedeva.


S'addormentò di colpo, alla luce della candela.


Finì che mi alzai per guardare bene i suoi tratti alla luce.


Dormiva come tutti.


Aveva l'aria proprio normale.


Però non sarebbe poi tanto male se ci fosse qualcosa per distinguere i buoni dai cattivi.

mercoledì 3 novembre 2010

Viaggio al termine della notte al Teatro Astra, Torino 10-14 novembre


Teatro Astra - Torino - -->10 novembre 2010 ore 19:00
Teatro Astra - Torino - -->11 novembre 2010 ore 21:00
Teatro Astra - Torino - -->12 novembre 2010 ore 21:00
Teatro Astra - Torino - -->13 novembre 2010 ore 21:00
Teatro Astra - Torino - -->14 novembre 2010 ore 18:00

VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE
Louis-Ferdinand Céline / Elio Germano / Teho Teardo


Durata: 50 min

Elio Germano, recentemente laureato a Cannes come migliore attore per il film di Daniele Lucchetti La nostra vita, legge il capolavoro di Louis-Ferdinand Céline con la musica dal vivo di Teho Teardo, accompagnato al violoncello da Martina Bertoni. Avvalendosi della straordinaria sensibilità interpretativa di Elio Germano, tra gli attori italiani più apprezzati e originali del momento, Teardo ripercorre musicalmente alcuni frammenti del Viaggio al termine della notte di Céline, restituendo in una partitura inedita la disperazione grottesca di questo capolavoro di scrittura che ritrova nuove possibilità espressive nell’incontro con archi, chitarra ed elettronica.Una fusione di sonorità cameristiche che guardano a un futuro tecnologico nel quale le immagini evocate dal testo interpretato da Germano si inseriscono nelle atmosfere cinematiche di Teardo, in un succedersi di eventi sonori e verbali dove la voce esce dalla sua dimensione tradizionale fino a divenire suono.Ed è in quel suono che Teardo crea un ambiente nel quale la voce di Germano può suggerirci nuove prospettive sulle disavventure di Bardamu e gli orrori della guerra, a contatto con una miseria morale prima ancora che umana.

domenica 4 luglio 2010

Louis-Ferdinand Céline ed Edward Hopper lungo la Senna



Bisogna anche avere un coraggio da caporale, a Rancy, soprattutto quando invecchi e sei proprio sicuro di non uscirne più. Alla fine del tram ecco il ponte appiccicoso che si lancia sopra la Senna, questa grossa fogna che fa vedere tutto.

Lungo gli argini, la domenica e la notte la gente si arrampica sui cumuli per fare pipì. Gli uomini, li rende cogitabondi sentirsi davanti all'acqua che passa.

Pisciano con un sentimento d'eternità, come i marinai.

Le donne, quelle non meditano mai.

Senna o no.

sabato 24 aprile 2010

Viaggio al termine della notte in E-Book



Approprosito dei costi delle ristampe di Céline, vi segnalo che da questo link (bel sito di teatro e dintorni, tra l'altro) potete accedere al Viaggio in E-Book. Anche se l'avete già letto, è utile per copiaincollare citazioni, fare ricerche nel testo usando il comando "trova nella pagina" del vostro browser, etc.!

lunedì 10 agosto 2009

Il misterioso viaggio compiuto dal manoscritto del Voyage



La prima pagina del manoscritto. Di grande rilievo notare come il celeberrimo incipit «Ça a débuté comme ça» era diverso nella prima stesura e come (v. seconda riga) Bardamu era un semplice personaggio del romanzo e non il protagonista narratore.



L'atto di vendita del manoscritto del Voyage firmato Destouches, del 29 maggio 1943.

IL MISTERIOSO VIAGGIO COMPIUTO DAL MANOSCRITTO DEL VOYAGE
di Gilberto Tura

Come la trama di un romanzo d'avventura creato dalla mente di uno dei migliori scrittori di genere, è finalmente possibile ricostruire l'avventuroso viaggio, durato quasi sessant'anni, compiuto, nell'anonimato e nella segretezza più assoluti, dal mitico manoscritto del Votage au bout de la nuit: una pila di carta costituita da ben 876 fogli completamente vergati dalla mano di Céline. La sua apparizione è da considerarsi tanto più clamorosa, oltre che per il suo inestimabile valore artistico-letterario, quanto perchè il manoscritto era stato da tempo considerato perduto per sempre, tanto che solo i più ottimisti potevano ancora cullare qualche speranza di ritrovarlo.
Quello del Voyage è il manoscritto letterario più caro del Novecento venduto a 1,82 milioni di euro, oltre tre miliardi e mezzo di lire. Supera il manoscritto del Processo di Kafka venduto nel 1988 per tre miliardi di lire, e il primo volume della Recherche venduto nel 2005 per 2,1 miliardi di lire.

RIVELAZIONI SU UN MANOSCRITTO

IL DESTINO MOLTO ROMANZESCO DEGLI 876 FOGLI DEL VOYAGE AU BOUT DE LA NUIT

IL RACCONTO.

DI JÉROME DUPUIS

L'avevamo ormai dato per disperso tra le rovine fumanti della guerra. Quando ecco che sessanta anni più tardi, in un bel giorno di maggio del 2001, è ricomparso nel corso di una vendita all'asta a Drouot! Il mitico manoscritto del Voyage au bout de la nuit ! Una montagna di 876 fogli anneriti, pieni di cancellature e limature eseguite dalle mani di Louis-Ferdinand Céline! Il 15 maggio 2001, quando la banditrice, signora Picard, annuncia il lotto n° 29, l'emozione è palpabile nella sala di Drouot-Montaigne. Due misteriosi collezionisti fanno salire le offerte fino a 12 milioni di franchi (poco meno di due milioni di euro). Record mondiale per un manoscritto letterario. Ma nel momento in cui il martello sta per abbattersi, una vocina si alza :«Prelazione della Bibliotheque Nationale.» La BNF è riuscita a raccogliere questa somma colossale grazie al mecenatismo di Nahed Ojjeh, sposa siriana del più grande mercante d'armi del pianeta. Il pacifista Louis-Ferdinand Céline si sarà rivoltato nella tomba...
Nonostante l'epilogo felice, l'enigma restava totale: dove è stato, durante sessanta anni, il prezioso manoscritto - di cui anche gli editori di Céline della Pleiade ne ignoravano l'esistenza? L'esperto della vendita a Drouot, Pierre Berès - ricordatevi bene questo nome - accennò a un «collezionista inglese anonimo». Una pista che assomigliava a una cortina di fumo. Grazie a dei nuovi documenti, Lire è in grado, oggi, di sollevare il velo sul misterioso percorso del manoscritto del Voyage au bout de la nuit. Per questa ragione, bisogna tornare indietro al 1943. Dopo l'immenso successo del suo romanzo, pubblicato nel 1932, Céline aveva abbandonato il suo voluminoso manoscritto nell'angolo di un armadio, nel suo appartamento di Rue Girardon, a Montmartre. Presagendo che la fine della guerra gli avrebbe procurato dei guai molto seri e che gli sarebbero serviti dei soldi per finanziare una eventuale fuga, lo scrittore pensa di vendere questo enorme fascio di fogli.
É qui che entra in scena Etienne Bignou, celebre mercante d'arte della Rue Boétie - la sua galleria ha visto sfilare Les baigneuses di Cézanne e Le pont d'Argenteuil di Monet...Ambroise Vollard ne ha tracciato un ritratto penetrante nei suoi Souvenirs : «Il mattino è a Londra, la sera inaugura una mostra a Parigi: l'indomani prende l'aereo per New-York.» É quest'uomo, sempre molto occupato, che acquisterà il manoscritto del Voyage au bout de la nuit. La trattativa si svolge il 25 maggio 1943. Un documento dattiloscritto firmato da Céline, ufficializza l'evento. Apprendiamo il prezzo pagato da Bignou per il manoscrfitto: un assegno di 10.000 franchi (l'equivalente di soli 3.000 euro del 2008) della BNCI Paris, al quale viene aggiunto un piccolo quadro di Renoir, Busto di ragazza.
Da quel momento inizia il mistero. Alla liberazione, Bignou non ha interesse ad urlare ai quattro venti che possiede un manoscritto dell'autore maledetto di Bagattelle per un massacro. Il gallerista muore molto discretamente nel 1950. I suoi eredi hanno sempre sostenuto di non aver ricevuto gli 876 fogli tra le cose che aveva lasciato. Gli anni passano, céliniani e universitari se ne fanno una ragione: il manoscritto è sparito per sempre nel caos del dopoguerra.
In realtà, gli eredi di Etienne Bignou non hanno detto la verità. Per desiderio di discrezione? Per evitare di pagare dei diritti di successione all'amministrazione fiscale? Resta il fatto che hanno ben conservato il manoscritto. Nel 1974, nel massimo segreto, decidono di venderlo. La trattativa si svolge il 17 maggio di quell'anno. Una lettera di Michel Bignou, figlio del gallerista, lo attesta. Ecco cosa possiamo leggervi: «Caro Signore, accuso ricevuta del pagamento integrale del manoscritto di Céline, Voyage au bout de la nuit, venduto da me e che era di mia proprietà, dopo essere appartenuto a Etienne Bignou. Parigi, il 17 maggio 1974, Michel Bignou.» Quel giorno il mitico fascio di fogli passa di mano.


UN COLLEZIONISTA MISTERIOSO

Resta una domanda cruciale: qual'è l'identità del «Caro Signore» evocato da Michel Bignou all'inizio della lettera? Apparentemente, un uomo prudente e discreto, che ha chiesto che il suo nome non apparisse sull'atto di vendita. Ma un piccolo accadimento, che si svolge un anno più tardi, il 6 giugno 1975, rivela una pista: quel giorno, a Drouot, viene smenbrato il resto della collezione di Etienne Bignou - corrispondenza di Dufy, Verlaine illustrato da Bonnard, Balzac messo in risalto dai disegni di Picasso... Un nome attira l'attenzione, in fondo al catalogo di vendita. «Esperto: Pierre Berès.» Guarda un pò, lo stesso uomo che nel 2001 organizzerà la vendita del Voyage au bout de la nuit... Era lui, quindi, il «Caro signore»?
Ecco, in realtà, come sono andate le cose: Berès organizza la vendita pubblica della eredità Bignou, nel 1975, ma acquista per se il famoso manoscritto. Poi lo lascia invecchiare come del buon vino nelle riserve della sua libreria. É la sua grande specialità. Nel 2006, ha venduto all'asta poemi manoscritti di Rimbaud che aveva acquistato nel 1936! Durante la sua lunga carriera, questo uomo raffinato, nato nel 1913, ha moltipiclato i colpi formidabili: ritrova un almanacco annotato da Montaigne, vende Les fleurs du mal dedicato da Baudelaire a Delacroix e obbliga la Bibliotheque nationale a dissanguarsi - già... - per acquistare il manoscritto delle Memorie d'oltretomba... (di Chateaubriand, n.d.t.). Prima di riporre il manoscritto del Voyage sul fondo di un forziere nascosto dietro una biblioteca girevole alla James Bond, all'interno della sua libreria di Avenue de Friedland, l'esperto libraio si prende cura di fare un inventario preciso con l'inchiostro blu - una « collation » come dicono i bibliofili. In mezzo a questa massa, identifica due «piccoli quaderni supplementari» : «un dattiloscritto di tredici fogli, l'episodio a New-York» e « l'altro, undici fogli, che, sembra, non essere stato utilizzato nel libro». In breve, niente meno che un capitolo inedito.
Evidentemente, nessuno sa, che Pierre Berès possiede il manoscritto. Ma l'orgoglioso libraio, negli anni, seminerà degli indizi molto cifrati. Nel 1984, nel catalogo n° 75 della sua libreria, propone un esemplare di Guignol's band così dedicato da Céline : « A Etienne Bignou, grande amico degli artisti e dei manoscritti. Tra terroristi, suo fedele amico, L.F. Céline»...Il 14 giugno 1999, è l'esperto di una vendita a Drouot ove fanno la loro apparizione, per miracolo, i manoscritti di due capitoli, dei quali uno inedito, del Voyage ( e che verranno venduti a 10.000 e 19.000 euro). Sono chiaramente i due «quaderni» che aveva scoperto durante la sua «collation»...
Dopo questo preesame Pierre Berès decide che è giunto il tempo di realizzare un colpo grosso: vendere all'asta il manoscritto completo del Voyage. Michel Bignou è morto e mai la quotazione di Céline è sembrata così alta. A questo piunto resta un problema: come spiegare la riapparizione improvvisa del manoscritto? Berès, che sarà l'esperto della vendita, non ha il diritto, per motivi deontologici, di proporre degli oggetti di sua proprietà. Viene inventata dunque, la favola del «collezionista inglese anonimo». E quando chiediamo a Berès come il manoscritto sia arrivato fino a lui, risponde, laconico: «Dalla porta della mia libreria.» Non sapremo dunque mai a quanto aveva acquistato il Voyage nel 1974. - probabilmente una cifra irrisoria, in rapporto ai 12 milioni di franchi. Non sapremo mai, del resto, neppure che fine ha fatto il famoso piccolo Renoir acquisito da Céline nel 1943.
Ma conosciamo il seguito. La vendita del maggio 2001. Il record mondiale. La prelazione della BNF. Oggi, gli 876 fogli sono stati mirabilmente rilegati in due volumi, che riposano in Rue de Richelieu, proprio di fronte a Square Louvois dove Céline giocava da bambino. Il manoscritto ha senza dubbio definitivamente terminato il suo viaggio

(Traduzione di Gilberto Tura)

Tratto da "LIRE, HORSE SERIE" N° 7 - 2008
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Ringraziamo Gilberto per questo post sul capolavoro di Céline e salutiamo i nostri due nuovi sostenitori!

venerdì 24 luglio 2009

William Seward Burroughs: dal Voyage al Pasto nudo



William Seward Burroughs: dal Voyage al Pasto nudo
di Andrea Lombardi


Recentemente è stata pubblicata un’edizione riveduta del capolavoro di Burroughs, l’ipnotico Pasto nudo, a cura di James Grauerholz e Barry Miles (W.S. Burroughs, Naked Lunch – The restored text, Grove Press, 2003). Oltre che per una appendice comprendente diversi brani non inseriti nel testo definitivo, questa edizione si segnala per numerosi interventi nel testo edito nel 1959 (Olympia) e poi ripreso nelle numerose altre edizioni e ristampe, volti a emendare errori tipografici e di stampa e – circostanza letterariamente più interessante – anche a inserire alcune ultime correzioni effettuate da Burroughs alle bozze di stampa nell’estate 1959, e non inserite nel testo definitivo dall’editore. I curatori, inoltre, segnalano di aver reintegrato nel testo l’uso dei puntini di sospensione “alla Céline”, che Burroughs apprese leggendo Viaggio al termine della notte e Morte a credito:

[…] We restored Burroughs’s use of the ellipsis, a form he borrowed from Louis-Ferdinand Céline’s Journey to the End of the Night and Death on the Installment Plan. These novels were translated into English by John Marks in 1934 and 1938, respectively, during Burroughs’s college years, and he is known to have read them. His typescripts employ a curious device of two periods – rather than one, for a full stop, or three, for an ellipsis – at the end of most sentences; we have treated these as standard ellipses.

Burroughs fa grande uso dello strumento dei puntini di sospensione nel Pasto nudo, sia per trasmettere efficacemente dalla carta l’enfasi e le pause nei dialoghi (o meglio monologhi) dei personaggi del libro, sia per rendere ancora più straniante l’ansia e la paranoia trapelante dalle sue immagini grottesche:

Tentative half impressions that dissolves in light… pockets of rotten ectoplasm swept out by an old junky coughing and spitting in the sick morning…
Old violet brown photos that curl and crack like mud in the sun: Panama City… Bill Gains putting down the paregoric con on a Chinese druggist.“I’ve got these racing dogs… pedigree greyhounds… All sick with the dysentery… tropical climate… the shits… you sabe shit? ... My Whippets Are Dying!” he screamed… His eyes lit up with blue fire… The flame went out… smell of burning metal… “Administer with an eye dropper… Wouldn’t you? … Menstral cramps… my wife… Kotex… Aged mother… Piles… raw… bleeding…” He nodded out against the counter…
[…]

martedì 14 luglio 2009

Louis-Ferdinand Céline, Elio Germano e Teho Teardo a Torino



Torino Spiritualità si terrà dal 23 al 27 settembre 2009 e avrà come tema il Dis-inganno. Tra gli ospiti Vittorino Andreoli, Ermanno Bencivenga, Enzo Bianchi, Pier Cesare Bori, Monika Bulaj, Virginio Colmegna, Giampiero Comolli, Duccio Demetrio, Iona Heath, Carla Gianotti, George Lakoff, Luciano Mazzocchi, Vittorio Messori, Salvatore Natoli, Michelangelo Pistoletto, Elena Pulcini, Giuseppe Ruggieri, Marco Vannini, Gianni Vattimo, Lech Walesa. "Viaggio al termine della notte" sarà un reading dedicato a Louis-Ferdinand Céline letto da Elio Germano con musiche originali di Teho Teardo, compositore di musiche da film; si annuncia una "combinazione di archi, chitarra ed elettronica, in una fusione di sonorità cameristiche orientate a un futuro tecnologico".

giovedì 14 maggio 2009

Gian Dauli e Alex Alexis: la prima traduzione italiana del Viaggio al termine della notte
























Di seguito, Gilberto ci pr
esenta una interessantissima scheda sulle prime traduzioni italiane del capolavoro di Céline:

GIAN DAULI E ALEX ALEXIS
ARTEFICI DELLA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA DEL VOYAGE


La prima traduzione italiana del Voyage la si deve a due personaggi singolari, quasi del tutto dimenticati, ma molto attivi, con alterne fortune, fra le due guerre. Entrambi furono romanzieri, editori, traduttori e adottarono uno pseudonimo: il vicentino Giuseppe Ugo Nalato quello di Gian Dàuli e il piemontese Luigi Alessio quello di Alex Alexis. Traggo buona parte delle notizie dal saggio dell' italianista professore emerito dell' Università di Grenoble, Michel David, dal titolo Sulla prima traduzione italiana del " Voyage au bout de la nuit" apparso sul numero 8-9 dell' aprile 1967 della rivista letteraria Opera Aperta. Gian Dàuli era, nei primi anni '30, direttore della collana Scrittori di tutto il mondo per le Edizioni Corbaccio di Milano che annoverava tra i titoli pubblicati opere, tra gli altri, di G. Bernanos, A. Schnitzler, T. Wilder, A. Doblin, T. Mann, J. Dos Passos, a dimostrazione di un interesse e una competenza tutt'altro che superficiali, in controtendenza rispetto al provincialismo culturale italiano dell'epoca, delle migliori esperienze letterarie che stavano emergendo e affermandosi in Europa e America. Sul suo diario, in data 23 aprile 1933, si legge: « Sto leggendo Voyage au bout de la nuit di Louis-Ferdinand Céline e debbo dire che ne sono stupito per il suo formidabile verismo intellettuale e dico intellettuale di proposito perché la realtà è vista attraverso l'intelletto piuttosto che per realtà vissuta, cioè immaginata fuori da personale esperienza. Questo per gran parte almeno di quello che ho letto fin qui. E voglio notare anch'io che in quest'arte realistica del Céline si sente il metodo d'osservazione minuta e spesso sofisticata per essere troppo minuta, usata dal Proust nella sua miope ricerca del tempo perduto. E direi quasi di più! Céline deve aver letto e riletto alla sazietà le opere di Proust tanto che alcune immagini e alcune fini osservazioni le ha assimilate senza però riuscire a trasformarle del tutto, cosicché al microscopio alcune cellule celiniane si riconoscerebbero per proustiane. Non avviene lo stesso nel travaso del sangue da un individuo a un altro?». Probabilmente Céline non avrebbe gradito l'accostamento a Proust, di certo va riconosciuto a Dàuli un sicuro fiuto editoriale (la traduzione italiana del Voyage sarà la prima nel mondo). L'anno precedente Dàuli aveva terminato il romanzo La Rua e nel comunicare a Céline il successo della traduzione del Voyage gliene invia una copia. Céline gli risponderà con due biglietti, il primo tra novembre e dicembre del 1933: «Cher confrère, je serai très honoré de recevoir votre livre. Mais trés malheuresement je ne parle pas un mot d'italien! Seulment je puis me le faire lire par une amie italienne qui me fera trés certainement comprendre votre oeuvre dans son intimité. Puisque vous êtes auprès de mon editeur, ayez la bonté de lui demender de me faire l'envoi de 2 voyages en italien. Je n'en possède aucun. Je vous écrirai dès que je serai en mesure de vous donner mon impression sur La Rua qui par truchement ne peut malheureusement vous satisfaire qu'à moitié. Bien cordialement à vous et très impatient - L.F. Céline ». Il secondo il 21 dicembre 1933: « Cher confrère, je suis parvenu tant bien que mal à saisir toute l'importance de votre livre à travers une traduction forcément imparfaite. Je discerne évidemment les signes d'une très exceptionnelle finesse d'analyse, d'une rigueur littéraire tout à fait précieuse, d'une grande connaissance des difficultés instinctives en même temps qu'un haut sens de l'épopée! Mais que ne puis-je lire l'italien. Bien cordialment - L.F. Céline». La Rua venne tradotto in francese da Marie Canavaggia, la fedele segretaria di Céline, e Dàuli chiese allo stesso Céline di scrivergli la prefazione, ma questi si rifiutò affermando che, poiché la critica gli era ostile, una sua prefazione si sarebbe ripercossa negativamente sul romanzo di Dàuli. Se nell'ottobre del 1945 la morte non lo avesse colto all'improvviso, Dàuli avrebbe portato a termine i due progetti relativi alla pubblicazione di Guignol's Band con il titolo Compagnia della teppa e successivamente Mort à crédit. Alex Alexis, nasce a Caramagna in provincia di Cuneo nel 1902. Nel 1920 partecipa all'avventura dannunziana di Fiume. Tornato a Torino si iscrive alla facoltà di giurisprudenza senza però portare termine gli studi. Nel 1923 fonda la rivista Teatro e la casa editrice Rinascimento e nel 1927 si trasferisce a Parigi dove, tra mille difficoltà, avvia piccole attività editoriali, destinate quasi tutte all'insuccesso. Quando Dàuli gli affida la traduzione del Voyage Alexis ha ormai acquisito una più che buona conoscenza della lingua francese e dell'argot parigino: porta a termine la traduzione a tempo di record in circa un mese. A distanza di settantasei anni la traduzione può essere considerata decorosa, ma non pienamamente riuscita. A difesa di Alexis va però tenuto presente che la lingua letteraria italiana dell'epoca non poteva di certo essergli molto di aiuto, essendo una lingua classiccheggiante, influenzata ancora dagli echi aulici carducciani e dal decadentismo estetizzante di D'Annunzio, lontana anni luce dalla potenza dirompente, rivoluzionaria, innovativa e antiretorica della lingua parlata di Céline. Alex Alexis, autore di numerose commedie e romanzi quasi tutti inediti, è il traduttore anche di Bagattelle per un massacro sempre per Corbaccio nel 1938 e di un altro dei famigerati pamphlets céliniani, L'école des cadavres che però non giungerà mai alle stampe. Il Viaggio verrà ripubblicato nel 1948 senza varianti e ancora nel 1962, ma questa volta, sebbene integralmente attribuita ad Alex Alexis, la traduzione subirà un rimaneggiamento ad opera di autore ignoto, senza alcuna avvertenza da parte dell'editore se non quella che «Il traduttore ritiene opportuno avvertire il lettore che, per conservare la massima fedeltà al linguaggio impiegato dai personaggi nel testo originale, si é valso di frequente di una forma italiana volutamente scorretta e di espressioni dialettali». Occorrerà attendere quasi sessant'anni prima di trovare in libreria una nuova traduzione realizzata da Ernesto Ferrero il quale, potendosi avvalere di una lingua letteraria italiana nel frattempo rinnovata dalle esperienze linguistiche, tra gli altri, di Gadda e Pasolini, riuscirà a darne una versione più attuale e in sintonia con l'espressività di una scrittura così potente e ricca di immagini, di intonazioni, di ritmo e di musica che ad ogni rilettura si manifesta al lettore sempre viva e nuova, in grado di rigenerarsi in perpetuo.

Gilberto Tura

domenica 16 dicembre 2007

Il Voyage illustrato da Tardi

VOYAGE AU BOUT DE LA NUIT


illustrato da Tardi


Futuropolis/Gallimard, Parigi, 1988

Editions France Loisirs, Parigi, 1989
Ristampato recentemente (2006) dal primo editore

380 pagine, completamente illustrato









sabato 15 dicembre 2007