martedì 17 dicembre 2019

Martin Scorsese, The Irishman e Louis-Ferdinand Céline

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"Come ispirazione per The Irishman, il cinema francese resta una delle sue influenze maggiori [...] Mentre sul lato letterario, Martin Scorsese cita Louis-Ferdinand Céline e il suo Viaggio al termine della notte".


Céline nel film Jeune Juliette!

Divertente citazione di Louis-Ferdinand Céline nella commedia canadese Jeune Juliette (regia di  Anne Émond, 2019).









martedì 10 dicembre 2019

NAUSEA DI CÉLINE di Jean-Pierre Richard recensito su "Libero" di oggi




"La condizione umana secondo Céline", la recensione di Emanuele Ricucci del saggio NAUSEA DI CÉLINE di Jean-Pierre Richard, traduzione di Daniele Gorret e a cura di Andrea Lombardi per Passaggio al Bosco Edizioni su LIBERO, in edicola, del 10/12/2019.

LEGGI L'ARTICOLO >> "Lo sfracello di questo tempo comincia dagli uomini. Un Céline schifato. Al termine della notte, dove tutto si disfa e l’unica redenzione è ritrovarsi cadavere libero degli odori della morte, o nel pieno della Grande Guerra, mentre, in un campo, i macellai fanno a pezzi le bestie per la truppa. Il vomito e il profumo della fine, della putrefazione che tutto si mangia, come inconfutabile verità, come a ricordarci che nelle cose prossime a cadere sembra esserci più verità, perché esauste e manifeste. E finalmente liberatorie di ogni peso. Non c'è disprezzo più umano e sincero di quello di Destouches. Una ripugnanza densa, che si fa chirurgica, tra le pagine della Nausea di Céline (Passaggio al bosco, pp.68, euro 8). Un viaggio nella meccanica della fine, complice forse la sua esperienza di medico, negli odori, nella visione della morte del corpo che libera l’anima. Lavoro di mani esperte. Di quelle di Jean-Pierre Richard, critico letterario, docente universitario, autore di questa meditazione critica e brutalmente poetica, di Andrea Lombardi, tra i massimi studiosi italiani di Céline, che sullo stesso ha firmato molti lavori, da ricordare Louis-Ferdinand Céline. Un profeta dell’Apocalisse. Scritti, interviste, lettere e testimonianze, e del lavoro del poeta e traduttore Daniele Gorret, che ne ha curato la traduzione. Un lavoro inedito, come racconta Lombardi – «questo saggio era in appendice all'edizione Guanda del pamphlet La bella rogna di Céline, del 1982, subito ritirato dal mercato» -, dal titolo eccelso, come voluto da Richard, controcanto all’uomo redento dal peccato, che ha in vita possibilità di salvarsi, che evoca il sapore, e il suo esatto contrario, di un’Estasi di San Francesco, di Tiziano. Qui è Nausea di Céline. Nausea della guerra vissuta, del lungo viaggio per arrivare a concepire come finisce la notte degli uomini, dove e di cosa profuma mentre marcisce. Non c’è l’atto dell’estasi o dell’allungamento degli uomini alla loro salvezza, ma l’esatto contrario: vi è la nausea, la decomposizione dei corpi e delle anime, la caduta del confine - come luogo in cui «l’Io giunto sul bordo della grande fusione esistenziale, si ferma un breve istante per considerare ed assaporare la sua catastrofe», scrive Richard -, la corrosione, a convocarli nell’inferno di vermi. Pagine che escono dalla carta e invitano a toccare, annusare. «In fondo, l'uomo è soltanto putrefazione in sospeso», scrive, il dottor Destouches: un morto a credito. È uno sbracato (categoria céliniana per Richard), uno stronzo evanescente, immeritevole di salvezza, per la propria vanità e insieme per la propria pochezza, preso solo dall’istinto di conservazione, che dello sfacelo fa la sua estasi, «l’immagine fisiologica più nauseante in cui l’intero universo è trascinato», l’atto finale, epifania di verità, però, unico e ultimo momento di aggancio dell’eternità; il colpo di fucile all’alba del fronte dopo la notte, quello della fine, dirà Céline. Forse l’unica vera perversa salvezza. Lo sbracato evocato da tanta Francia letteraria che legge la storia nella notte della fine, come per Raspail, Houellebecq, Harouel, Carrère, che prolifera infetto nella decomposizione umana nella “religione dell’umanità” (Harouel) dell’Uomo-Dio che cerca redenzione solo da se stesso, abbandonato il Divino, incapace di coltivarsi, di prolungare la Bellezza del mondo, se non nel godere eroticamente delle proprie soddisfazioni materiali. Pupazzi avvicinati e compromessi. Nausea. L’uomo céliniano, scrive Destouches, «flaccido e spaccone, fifone e teatrale», che vuole portarci a fondo con sé, rinforza Richard. Quanto è vicino il termine della notte, in questo nostro presente misero. Uomini integri, sovrani di se stessi, contro uomini replicanti, sterilizzati. Céline non è una dimostrazione di stile da mandare a memoria. Ma uno schiaffo in faccia sul presente"

giovedì 5 dicembre 2019

Morto Frédéric Monnier, editore e studioso céliniano

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Qui la notizia sul Bulletin célinien di ottobre 2019:

Il se savait condamné depuis plusieurs années et faisait face à la maladie avec un courage magnifique. J’ai fait sa connaissance il y a quarante ans lorsque Pierre publia son Ferdinand furieux avec 300 lettres inédites de Céline. Frédéric, lui aussi fervent admirateur de l’écrivain, suivit la trace de son père en se faisant l’éditeur de Céline dans les années 80. Il commença modestement en publiant, sous la forme de plaquettes, Chansons, puis un scénario de ballet, Arletty jeune fille dauphinoise, avant de s’attaquer à la correspondance de Céline, éditant celle-ci de manière rigoureuse et soignée. C’est ainsi que, grâce à lui, nous disposons de la correspondance à ses avocats (Naud et Tixier-Vignancour), à Joseph Garcin et enfin au traducteur hollandais de Céline, J. A. Sandfort. Faut-il préciser que ces éditions sont aujourd’hui très recherchées par la nouvelle génération de céliniens ? Les premiers livres qu’il a édités le furent sous l’égide de La Flûte de Pan, librairie musicale, sise rue de Rome à Paris, dont il fut le fondateur et qui s’avéra une belle réussite professionnelle. Ses dernières années furent consacrées à une enquête minutieuse sur son arrière grand-oncle, Marius Mariaud, figure méconnue du cinéma muet. Le livre, édité l’année passée par l’Association Française de Recherche sur l’Histoire du Cinéma, est un modèle de recherche historiographique. Durant quatre ans Frédéric y apporta tout le soin et la persévérance dont il était capable. Cet ouvrage, qui fera date, constitue une manière de testament. « Il s’agissait moins ici de réhabiliter un auteur que de montrer ce qu’a été le parcours d’un homme qui a participé à la grande aventure créatrice de son temps et qui a fini sa vie dans le dénuement et l’oubli », écrit-il en conclusion. Sans lui, seuls quelques cinéphiles pointus connaîtraient l’œuvre de ce pionnier ¹.

Lorsqu’on évoque sa mémoire, il importe de relever cet humour pince-sans-rire apprécié par ses amis. Et qui est apparu très tôt si l’on en juge par les souvenirs de son père : « Frédéric a huit ans et demi. Il est impassible, il écoute et sourit à peine… En classe, il est très sage, il travaille peu, parle peu, sauf pour dire par moment et sans broncher, une énormité. On l’appelle Buster Keaton. Ce soir, visite de notre ami Frédéric Pons, prof à Louis Le Grand. Homme de haute taille avec un fort accent biterrois et un crâne chauve et pointu. Il prend Frédéric dans ses bras… “Et toi, petit Frrrdérrric, tu ne me dis rien ?…” …Frédéric pose sa main sur le crâne chauve et dit : “Oh !… la belle petite poire à lavement…” ». Et l’auteur d’ajouter : « Les parents disparaissent lâchement dans la cuisine… ». Sur la même page, Pierre Monnier conte d’autres anecdotes révélatrices de l’esprit déjà facétieux du fiston ².

Frédéric n’était pas un admirateur frileux de Céline. À un ami qui désapprouvait l’attitude de l’exilé rendant son éditeur responsable de la réédition des pamphlets pendant la guerre, il répondait : « Je pense au contraire que, pour se défendre dans un procès politique, ces coups-là sont permis. D’autant plus que Denoël était mort. » Bien entendu, il était à nos côtés au cimetière de Meudon lorsqu’en 2011, François Gibault, entouré de quelques autres admirateurs de l’écrivain, prononça une allocution à l’occasion du cinquantenaire de sa mort. Grand moment d’émotion… Avec Frédéric Monnier, nous perdons un ami fidèle ainsi qu’un homme de talent.


Michel Houellebecq su Louis-Ferdinand Céline, Louisiana Channel 2019



Presentatore: Qual è la vostra relazione con Céline?

Houellebecq: Non grande. Ho apprezzato ‘Viaggio al termine della notte’, e penso che poi sia diventato sempre più formalistico. Si guardava scrivere. E alla fine, era solo vuoto formalismo. Mi spiace… L’altra cosa sgradevole da dire su Céline, è che i suoi pamphlet antisemiti non sono affatto male. Per me, era più dotato per i pamphlet che per i romanzi. Detto questo, penso che globalmente c’è del buono nella sua opera, e sono contento che i danesi abbiano impedito che venisse ammazzato nel 1945. Ma per me, contrariamente a molti francesi, non è il vertice della letteratura francese del ‘900. Preferisco di gran lunga Proust. Per esempio, tra gli altri. Questa è la mia risposta.

Louisiana Channel, Michel Houellebecq - Domande e Risposte con i suoi lettori, 29 novembre 2019.