giovedì 25 febbraio 2010

Maledetto Céline - un manuale del caos, di Stefano Lanuzza... recensione di Maledetto Céline di Stefano Lanuzza sul Bulletin Célinien



In diversi mi avete segnalato questo libro, e vi ringrazio.
Ad una prima scorsa del libro, de-strutturato in una "autobiografia" del nostro e in diversi capitoli con estratti e schede delle opere, temi céliniani e sulla guerra, appare evidente che l'autore ha letto molto di Céline, e questo promette bene. Addentrandoci nella lettura del libro, scatta quasi subito una enorme delusione; infatti Lanuzza commette il più grande errore che si può fare con Céline: tentare di piegarlo alle proprie idee politiche, nel caso particolare facendone un campione del comunismo (!!!), anti cattolico à la Odifreddi, anti americano e anti israeliano à la Manifesto.
Addirittura, a pagina 211, nel capitolo "Temi céliniani", in mezzo a voci quali "Tradurre Céline" e "Personaggi femminili", troviamo incredibilmente "Piombo fuso" Dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 dura l'offensiva [...] Il "Massacro di Gaza" viene perpetrato da Israele anche con l'uso di bombe al fosforo di produzione americana.

Per me è incomprensibile "usare" un libro su Céline (o qualunque altro autore), di critica o biografico, per dar mostra, e in maniera così grossolana, delle proprie idee, giuste o sbagliate che siano.

Non me ne voglia Lanuzza, ma come "manuale" rapido sull'opera di Céline, molto meglio l'"Invito alla lettura di Céline" di Renato della Torre, Mursia, come biografia completa Alméras o la Alberghini, come discussione vivace sul Dr. Destouches, meglio i vostri commenti qui, di gran lunga.

Aggiornamento aprile 2010

Il libro è stato recensito sul Bullettin Célinien di aprile, in una approfondita recensione che rileva i molti aspetti negativi del libro in questione; dalla velleitarietà del tentativo di dar vita a un "flusso di coscienza" imitando la scrittura di Céline ("tentativo invece riuscito a Marina Alberghini"), agli anacronismi presenti nell'impianto cronologico, alla inutile riproposizione della sorpassata teoria del Céline "nouveau philosophe", alla carenza delle schede e della bibliografia "illeggibile", alla disomogeneità del libro, che dato "l'approccio tutt'altro che serio" sfrutta "opportunamente l'onda dello scandalo-Céline" non portando "nulla di nuovo, salvo dei notevoli errori".

Basta così! di Frédéric Saenen



...e questa per Guignol's Band...



Edward Hopper, Soir Bleu, 1914.

Hopper e Céline...



...questa sarebbe secondo me una bella copertina per Viaggio al termine della notte...

Lontano, il rimorchiatore ha fischiato; il suo richiamo ha passato il ponte, ancora un'arcata, un'altra, la chiusa, un altro ponte, lontano, più lontano… Chiamava a sé tutte le chiatte del fiume tutte, e la città intera, e il cielo e la campagna, e noi, tutto si portava via, anche la Senna, tutto, che non se ne parli più.

martedì 23 febbraio 2010

Per noi Céline è il primo degli irregolari


Per noi Céline è il primo degli irregolari
di Luciano Lanna - 16/02/2010

Fonte: il Secolo d'Italia


Non c'è quasi giorno che sulle pagine (non solo) culturali dei grandi quotidiani non venga citato Céline. Solo a dare uno sguardo a quelli di ieri il nome del grande maledetto del Novecento era tirato fuori (con tanto di immancabile fotografia) sul Corriere della Sera, dove l'autore del Viaggio al termine della notte veniva scomodato come uno degli ispiratori del recente romanzo di Paolo Sorrentino, e su Messaggero, in cui lo stesso veniva considerato (insieme a Ezra Pound) uno dei classici pubblicati in Italia dallo storica casa editrice Scheiwiller. Ma gli esempi potrebbero continuare all'infinito sfogliando la qualsiasi collezione cronologica di qualsiasi testata. Di contro, c'è però il contemporaneo paradosso per il quale Céline viene considerato una sorta di reietto, quasi il prototipo dell'intellettuale militante e organico a una scelta totalitaria rispetto a quegli irregolari che rappresenterebbero ciò che resisterebbe "in positivo" della cultura del secolo scorso. Ma è un equivoco che cozza in realtà con tutta l'opera e la stessa biografia dello scrittore francese. Per fortuna è adesso arrivato un bel libro - Maledetto Céline. Un manuale del caos (Stampa Alternativa, pp. 240, € 13,00) - in cui Stefano Lanuzza riesce a dare ragione del "vero" Céline attraverso una specie di autobiografia ricavata dai testi dello scrittore, un'antologia tematica e la rassegna argomentata di tutte le opere del narratore. E dall'insieme dei materiali emerge la totale estraneità céliniana a qualsiasi appartenenza o incasellamento di parte. Per dirla tutta: forse nessuno quanto il romanziere di Meudon può essere assunto a modello di intellettuale "irregolare".
A parte l'estrema attualità delle pagine céliniane, in cui scorrono come in poche altre la descrizione delle banlieue - «dove ognuno s'asciuga i piedi, sputacchia bellamente, passa... dove il sorriso è vano, la fatica sprecata...» - o della crisi finanziaria internazionale o di epidemie di massa, Lanuzza ha il merito presentare Céline come il precursore dei nouveax philosophes della seconda metà degli anni Settanta, quei pensatori davvero irregolari che in controtendenza con le ideologie sino ad allora dominanti rifiutarono il rapporto con i vecchi partiti, contestarono la fede nella storia verbalizzata dagli interessi del potere, criticarono l'ottimismo del mito del progresso, la scienza manipolatrice e la tecnica che condizionava il comportamento e i consumi delle masse. Si pensi ad esempio alle tesi del famoso saggio La barbarie dal volto umano di Bernard-Henri Lévy. All'epoca, era il 1977, si cercarono gli ispiratori teorici in Solgenitsin, in Nietzsche, in Camus, in Lacan e Levi-Strauss... «Ma è possibile - ribatte oggi Lanuzza - che il sottaciuto guru, il vero "maestro nascosto", sia proprio quel Céline dagli imbarazzanti trascorsi». Tanto più che nel 1981 sulle pagine di Le Nouvel Observateur proprio Lévy, dopo essersi definito "célinista", arrivava esplicitamente a definire lo scrittore di Meudon «il più grande e il più attuale degli storici del Novecento, un secolo di cui egli è anche il sintomo e il rivelatore». Il più grande e attuale poiché, proprio ad anticipare di qualche decennio proprio i "nuovi filosofi", egli in tutti i suoi libri - continuava Lévy - dà una precisa idea di un certo universo occidentalizzato ancora «grondante di orrori, di crimini, di massacri» e col suo lessico metafilosofico precorre le analisi postideologiche sulla massificazione delle persone, ridotte «alla stregua di folle e greggi istupidite».
A questo accostamento ai "nuovi filosofi" andrebbe aggiunto il fatto che in Francia, sempre alla fine degli anni Settanta, usciva un libro di Pascal Ory, docente di storia all'università di Nanterre, intitolato L'anarchismo di destra, con un sottotitolo molto significativo: "Da Céline a Clint Eastwood", e in cui l'opera céliniana appariva come la chiave segreta della cinematografia di Sergio Leone, da Il buono, il brutto e il cattivo a Giù la testa. Non solo: lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni - che per Leone scrisse proprio quei due film - nella sua autobiografia Pane e cinema (Gremese) ricorda: «Tra le motivazioni che mi hanno portato a fare cinema ce n'è una più forte delle altre: il mio incontro con Louis Destouches, in arte Céline. L'incontro fatale, la vera svolta. Avevo sedici anni, c'era la guerra, e una mattina, a Padova, dopo una grandinata di bombe americane, le sirene avevano dato il segnale di cessato allarme. Mi diressi verso casa, quando su una bancarella di libri usati vidi e comprai Viaggio al termine della notte, di Céline. Quella vecchia copia, polverosa e ingiallita, è anche ora davanti a me». Quel romanzo, prosegue lo sceneggiatore, è stato il sogno di tanti registi, lo avrebbero voluto realizzare Renoir, Carné, Clément...». E, alla fine, ci pensò anche Leone: «Aveva visto il romanzo sul mio tavolo, quella copia polverosa e ingiallita. Lo lesse e mi chiese cosa ne pensassi per un film. Gli comunicai il mio entusiasmo. E lui andò anche in Francia con l'intenzione di realizzarlo...».
Esempi, questi, che smontano e da subito lo stereotipo di un Céline reazionario, di estrema destra o addirittura filo-hitleriano. «Io - si legge in un passo di Bagattelle citato da Lanuzza - non sono un reazionario! Manco per un'unghia! Manco per un minuto! Tutti ti prendono subito per quello che non sei!». E d'altronde come si fa a considerare di estrema destra uno come Céline, le cui pagine - lo dimostra in pieno questo Maledetto Céline - traboccano di espliciti attacchi a tutti quei cosiddetti riferimenti che definirebbero la scala valoriale di qualsiasi reazionario?
Céline demolisce, nell'ordine: la scuola, l'esercito, la guerra, la famiglia, la fabbrica, la retorica della patria, il colonialismo, il modello americano, addirittura, nel 1958, la televisione... «La scuola - dice - non innalza nessuno, ma mutila, castra. È davvero il crimine peggiore rinchiudere i bambini per cinque e dieci anni a insegnargli le cose più vili, regole per stordirsi meglio, involgarirsi al massimo, limitare il loro entusiasmo...». Il suo Viaggio, il grande romanzo apparso nel 1932, in sostanza non era altro che una requisitoria, spiega Lanuzza, contro la retorica della patria, contro la borghesia, il perbenismo ipocrita, il capitalismo usuraio». Per gli stessi critici apparve come un «libro antimilitarista, anticolonialista, anarchico, nichilista, come il drammatico manuale di quel caos che, nell'Europa di primonovecento, avvolgeva l'umano consesso».
E che dire della sua profezia sulla tv? «È pericolosa per gli uomini. Presto - sosteneva nel 1958 - cambierà i modi di ragionare. È uno strumento ideale per la massa». Per non dire del suo giudizio sul nazismo: «Lo sbraitare hitleriano, quel romanticismo urlante, quel satanismo wahneriano mi è sempre parso osceno e insopportabile». Certo, contemporaneamente Céline definiva una «sciocchezza" la coscienza di classe: «`È un'invenzione demagogica. Ogni operaio chiede solo d'uscire dalla classe operaia, di diventare borghese nel modo più individuale possibile, conutti i più schifosi privilegi e infine con odio per la stessa classe operaia». È stato Fausto Bertinotti a riconoscere: «Ho imparato, leggendo Céline, l'intollerabilità della presunzione progressista». E, oltre ai nuovi filosofi, è del migliore '68 che il nostro - da autentico libertario - è stato un indubbio precursore: «Non a partire dalla scienze esatte, dal codice civile o dalle morali rigide, ma ricominciando tutto dalla belle arti, dall'entusiasmo, dall'emozione. Senza creazione continua, artistica, nessuna società è durevole...».
Grazie a Alberto Lombardo per la segnalazione!

martedì 16 febbraio 2010

Attenzione! Bagatelle per un massacro su E-Bay

Comunicazione di servizio: in questi giorni ci sono alcuni Bagatelle su E-Bay... passi il Guanda ora in asta, ma un venditore ha messo il Bagatelle Corbaccio del 1938... 500,00 (cinquecento!) Euro... più del doppio del suo prezzo. Non cascate nella trappola della libridine, e attendete prezzi migliori...

Se ci pensate, tanto rari non sono, visto che almeno 1-2 al mese ne spuntano sui noti siti d'aste on line o librari...

Non regaliamo i nostri soldi agli speculatori!

lunedì 15 febbraio 2010

Céline... l'attore!



Quando Céline faceva l'attore... (cliccare sul link per il video, un cameo del nostro nel film Tovaritch, di Jacques Deval, uscito nel 1935)

http://www.lexpress.fr/culture/livre/quand-louis-ferdinand-celine-faisait-l-acteur_847459.html

Grazie a Rosa per la segnalazione!

Spunta una sequenza di un film dove compare lo scrittore francese Louis Ferdinand Céline (1894-1961). Un curatore del programma «Cinema de Minuit» di France 3 ha riconosciuto Céline in un frammento del film Tovaritch del regista Jacques Deval, uscito nel 1935, che racconta la storia di una coppia di ricchi russi costretti a vivere nella povertà dopo essere emigrati a Parigi in seguito alla rivoluzione comunista del 1917. Sul sito del settimanale L’Express è possibile vedere le immagini. Tra i clienti della drogheria inquadrata, ce n’è uno inconfondibile, ed è lo scrittore, impermeabile sul braccio, passo deciso e sguardo ironico. Il regista francese Jacques Deval (1890-1972), celebre autore di teatro degli anni ’30, che per un paio di anni abitò negli Usa, fu un grande amico di Céline, che visse presso di lui per qualche settimana a Beverly Hills,nel 1934. L’apparizione nel film Tovaritch è dunque un cameo regalato all’amico regista.

da Il Giornale

venerdì 5 febbraio 2010

Malaparte e Céline


Da Il Giornale di oggi:

E così Malaparte è tornato. Anche se forse non se ne era mai andato del tutto... Parecchie novità usciranno dalla catalogazione in corso dell’archivio contenente carte, lettere, libri e manoscritti appartenuti a Malaparte e acquistati nel marzo scorso dalla Biblioteca di via Senato di Milano, presieduta dal senatore Marcello Dell’Utri. Fra le piccole e grandi scoperte che spuntano dalla sua sterminata corrispondenza, anche una commovente lettera nella quale Louis-Ferdinand Céline, reduce dal processo per collaborazionismo e in gravi difficoltà economiche, ringrazia Malaparte per avergli devoluto il danaro di un premio letterario.

Grazie ad Alberto Lombardo per la segnalazione!
Approposito di Céline e Malaparte, cfr. questo studio...