sabato 13 gennaio 2018

Un Massacro per delle Bagatelle: Gallimard sospende la pubblicazione dei “pamphlet antisemiti” di Louis-Ferdinand Céline




Giovedì 11 gennaio, l’editore Antoine Gallimard ha posto la parola fine con un comunicato alle agenzie di stampa francesi alla querelle che agitava il demi-monde delle lettere e l’establishment politico francese ai primi di dicembre del 2017, ossia da quando erano trapelate le prime indiscrezioni, poi confermate dagli interessati, della volontà di Gallimard, della ultracentenaria vedova di Céline Lucette Almansor e del legale rappresentante e biografo céliniano avvocato Francois Gibault di ristampare per la prima volta dal dopoguerra gli aborriti cosiddetti “pamphlet” di Céline, Bagatelle per un massacro (1937),  La scuola dei cadaveri (1938) e La bella rogna (1941).


Alle prime obiezioni e richieste di spiegazioni, l’avvocato Gibault aveva risposto abbastanza ingenuamente che “i tempi gli sembravano maturi”, e che non vi era stato un gran che di scandalo nel 2015 alla ripubblicazione – e al successo di vendite – de Les Decombres di Lucien Rebatet, scandaloso pamphlet-mattone collaborazionista, se possibile ancor più antisemita delle Bagatelles. L’ingenuità dell’avvocato Gibault è stata non tanto quella di sottovalutare l’impatto di un nome come quello di Louis-Ferdinand Céline e dei suoi pamphlet, quanto non rendersi conto che in questi ultimi anni la corsa al politicamente corretto e l’ascesa al potere della dittatura della mediocrità stiano crescendo esponenzialmente mese per mese, settimana per settimana ovvero financo giorno per giorno, e ciò che poteva sfuggire agli inesausti e penetranti occhi delle Grandi Vestali della “Coscienza Universale” ieri, non lo sarà più l’oggi… basti pensare alla petizione per rimuovere dal Metropolitan di New York il capolavoro di Balthus Thérèse rêvant additato come "pedofilo", o il finale della Carmen di Bizet stravolto a Firenze "per dare un segnale contro il femminicidio".


E l’avvocato della vedova Céline, qualunque siano le motivazioni della decisione di quest’ultima dell’andar contro la volontà del defunto marito di non vedere più ristampati Bagatelle e company – si è parlato dei costi delle cure mediche H24 della 105enne Lucette – probabilmente ha sottovalutato l’impatto non tanto delle lamentele delle Associazioni ebraiche e contro le discriminazioni, prevedibili e incarnate dall’usuale volto di Serge Klarsfeld, lancianti strali contro “il ritorno dei populismi e le violenze antisemite” (come se gli attentati di Parigi o le violenze contro gli ebrei francesi delle banlieue fossero stati fatti da fini connoisseur delle opere di Céline), ma dell’imprinting pavloviano lasciato sui mediocri – la maggioranza – degli intellò, vuoi stampati, vuoi televisivi, vuoi di pixel, vuoi riscaldatori di poltrone IKEA accademiche, e commentatori assortiti, del mediocrissimo libro di una schieratissima sinistrorsa coppia, Annick Duraffour e Pierre-André Taguieff, autori del libro a tesi Céline, la race et le Juif, uscito nel febbraio 2017. In questo ponderoso volume, accompagnato da una campagna mediatica senza precedenti per un testo accademico così di nicchia, il dinamico duo cerca di dimostrare questi ameni punti:


Céline era un rabbioso antisemita (che originalità), peraltro ripubblicando come frutto di ricerche originali materiale arcinoto: dai suoi scritti e lettere comparsi sulle riviste di destra francesi nel 1940-1944 alla testimonianza parigina di Ernst Jünger dipingente Céline come un “maniaco introvertito” farneticante di epurazioni anti ebraiche. La qual cosa, più che scorretta scientificamente raggiunge vertici di ilarità quando i due si fanno riprendere dalle TV francesi mentre compulsano le lettere di Céline alla stampa collaborazionista negli archivi della Biblioteca Nazionale di Francia – il che fa molto “topo d’archivio” , come ironicamente sottolineato da Éric Mazet– quando le stesse lettere sono già state comodamente rilegate in volume e pubblicate nel 1994 in Lettres des années noire dell’accademico Alméras, studioso peraltro non tenero con Céline, e in altri testi (e tradotte in italiano in Céline ci scrive, Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944, a cura di Andrea Lombardi e con prefazione di Stenio Solinas, Roma 2011), o quando in ogni loro singola intervista, appello, manifesto e tazebao riprendono l’apocalittica citazione di Jünger, non considerando come Céline stava semplicemente recitando la parte del perfido nichilista, come suo solito con gli interlocutori che meno gradiva. Céline sarà stato senza dubbio sempre più soddisfatto di abbindolare l’altezzoso boche, e di suscitare la crescente indignazione dell’algido e aristocratico intellettuale ed esteta tedesco, combattente come lui nella prima guerra mondiale. Avvenimento del quale Jünger, a differenza di Céline che ne narrò soprattutto gli orrori, fu glaciale e appassionato cantore nelle sue prime opere, evocando la grandezza del combattente che si ergeva contro le tempeste d’acciaio degli scontri di materiél.


Céline era pagato dai nazisti, riprendendo la nota – e falsa – accusa di Sartre, signorilmente rivolta dal filosofo esistenzialista e ex primo fan di Céline quando sul primo pendeva una comoda condanna a morte in comtumacia da parte della “giustizia” francese, occupata dal 1944 a far cadere più teste francesi piccolocollaborazioniste possibili per far dimenticare Vichy a Alleati occidentali e russi. Come mirabolante pezza d’appoggio, Duraffour e la Taguieff tirano fuori un verbale di interrogatorio di un agente della sicurezza tedesca (SD) che cita il nome di Céline in un elenco di personalità francesi attenzionate. Più che una pistola fumante, una pistola ad acqua.


Céline, alla fin fine, oltre che a essere un poco di buono e un antisemita è poi uno scrittore decisamente sopravvalutato e non è certo un genio, ed è considerato come tale solo grazie a una consorteria di céliniani, célinofili e célinisti – segue nel libro radiografia antropologica-comportamentale delle suddette categorie – che si dividono grossomodo negli ingenui traviati e nei fiancheggiatori Collaborazionisti, comprendendo i critici letterari e biografi céliniani, tutti ritenuti troppo poco abili e troppo abbindolati da Céline per essere “scientifici”. Al contrario ovviamente di loro due, ca va sans dire.


Ovviamente tutte queste chiacchiere di portinaia e rimasticature di altri lavori originali, come i fondamentali Les idées politiques de Louis-Ferdinand Céline di Jacqueline Morand-Deviller e Relevé des sources et citations dans Bagatelles pour un massacre di Alice Kaplan (in italiano segnaliamo il bel lavoro di Riccardo De Benedetti Céline e il caso delle “Bagatelle”, Milano 2011), sono però condite da un formidabile apparato di note, utili a abbagliare i ghiozzi e a dare dignità accademica a un’opera faziosa, dove tutto è piegato al dare una pseudo struttura scientifica alle opinioni preconcette degli autori. Ebbene, in questo meraviglioso Brave New World, un libro così, che in tempi normali avrebbe avuto la triste sorte del macero per mancanza di vendite a parte le copie acquistate dagli autori per amici e parenti, è invece divenuto un testo di riferimento, e Duraffour e Taguieff osannati come “esperti di Céline”, oscurando nei media autori al di sopra delle parti come Éric Mazet, Henri Godard, David Alliot, i céliniani e ebrei Emile Brami e Pierre Assouline, Régis Tettamanzi (la sua curatela della edizione canadese dei pamphlet lì uscita nel 2012 grazie al differente diritto d’autore, viene ovviamente stroncata dalla coppia come “insufficiente”, d’altronde, solo 230 e passa pagine di note di un professore universitario che si dedica a Céline da decenni…), Jean-Paul Louis, esperto e magnifico editore céliniano, Marc Laudelout e Gibault stesso… E, prima che Antoine Gallimard si tirasse indietro, dopo aver inizialmente tenuto botta a decine di lettere di richiesta di “rassicurazioni” del Governo francese e israeliano e di una pletora di personaggi spazianti dai ministri della République ai blogger da operetta, segnaliamo che c’era stata infine una piccola apertura accademica per una edizione “contestualizzata da una ampio impianto di note smententi le tesi antisemite di Céline”, che NON poteva però essere lasciata ai soli “esperti céliniani” (d’altronde inadatti, perché gabbati da Céline o conniventi antisemiti tout courtsotto sotto, vedi supra), ma che doveva essere condotta nei tempi dovuti solo da una “équipe multidisciplinare”. Seguivano poi una sfilza di paludati signor nessuno, e, ohibò! – tra i nomi chi ci troviamo? Ma la Duraffour e Taguieff, ovviamente! Abbastanza triste, nevvero?

Quello che succede poi è appunto notizia di ieri, Antoine Gallimard fa retromarcia, e l’edizione è sospesa. E direi che se il rischio era di trovarsi Bagatelle per un massacro, opera violenta come le contemporanee poesie di Aragon inneggianti alla GPU e Stalin e al massacro dei “borghesi” – ma d’altronde i morti dei Gulag e dell’olocausto ucraino hanno avuto solo un Šalamov letto da centinaia e non uno Spielberg visto da milioni – ma molto più complessa e geniale nel suo forsennato delirio di sottocapitoli di dialoghi dell’assurdo, balletti e invettive non solo contro gli ebrei ma anche contro la chiesa, il comunismo, il fascismo e il nazismo, per poi contraddirsi e ricontraddirsi, contro la stupidità e vigliaccheria di governanti e governati francesi del primo dopoguerra, e da studiare anche come tratto d’unione tra la sperimentazione dell’argot dei primi romanzi e la petite musique degli ultimi, con la prefazione di questi due soggetti, allora meglio così, che non se ne parli più. 



ADDENDA:


- La realtà è che, come intuì Dominique de Roux, a Céline l'Intelligencija d'allora e di oggi non gli perdonò il suo non schierarsi a sinistra dopo il successo del Viaggio al termine della notte, e l'aver seppellito il cadavere della Rivoluzione russa - e di ogni tentativo di palingenesi dell'Uomo - nelle poche, fulminanti pagine di Mea Culpa, piccolo capolavoro céliniano da leggere e rileggere.


- Di nota la malafede e/o ignoranza di intellettuali, politici, presidenti di "associazioni" etc che hanno commentato "non c'è bisogno di ristamparli, gli studiosi interessati li possono facilmente consultare su internet o in biblioteca, o comprarli dagli antiquari". Ma come, tutta questa polemica per "la deriva antisemita che una stampa della Bagatelle provocherebbe nella popolazione francese" (evidentemente sempre pronta a un processo Dreyfus o un Vel d'Hiv!), e poi il suggerimento è di leggerlo su internet, dove è in .pdf in siti dichiaratamente negazionisti, revisionisti e antisemiti! Tutto da ridere! Quanto alla consultazione in biblioteche pubbliche, sicuramente meno agevole rispetto a un testo disponibile in libreria, o il suggerimento di spendere diverse centinaia di Euro per un'edizione originale, in entrambi i casi i suddetti coglioni non hanno si vede mai tenuto una normale edizione Denoel d'epoca anni '30, con la sua carta ingiallita e fragilissima, ancora peggiore per i libri stampati su papier de guerre di bassa qualità. 



Andrea Lombardi, appassionato céliniano e curatore dei libri:

Louis-Ferdinand Céline. Profeta dell'Apocalisse, Milano 2018

Louis-Ferdinand Céline. Saggi, interviste, ricordi, lettere, Genova 2016

La morte di Céline di Dominique de Roux, Roma 2015,

Céline ci scrive – Le lettere di Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944, Roma 2011

Louis-Ferdinand Céline in foto – Immagini, ricordi, interviste e saggi, Genova 2009.

http://lf-celine.blogspot.it/

lunedì 1 gennaio 2018

"Io, Dominique de Roux, già impiccato a Norimberga"



"À force d'être traité de fasciste, j'ai envie de ma présenter ainsi: moi, Dominique de Roux, déjà pendu à Nuremberg”.

“A furia di farmi trattare da fascista mi è venuta la voglia di presentarmi così: io, Dominique de Roux, già impiccato a Norimberga".

Dominique de Roux, in Immédiatement, 1972.