mercoledì 1 febbraio 2012

La prima vita di Céline: il corazziere a cavallo Louis Destouches nella prima guerra mondiale



La prima vita di Céline: il corazziere a cavallo Louis Destouches nella prima guerra mondiale

di Andrea Lombardi

Louis Destouches si arruolerà il 28 settembre 1912, con ferma triennale, nel 12eme Régiment Cuirassiers (12° Reggimento Corazzieri) di stanza a Rambouillet, nel dipartimento degli Yvelines nella regione dell’Île-de-France. Il 12eme “Cuir” era un’unità scelta, con una lunga tradizione militare risalente al 1668: creato da Luigi XIV per suo figlio quale Régiment “Dauphin-Cavallerie”, fu rinominato 12° Reggimento di Cavalleria nel 1791 dopo la Rivoluzione Francese. Il reparto si distinse in numerose battaglie: dalle Campagne del Re Sole alle Guerre della Rivoluzione, subordinato all’Armata del Reno; da Austerlitz, Jena e Waterloo a Solferino, alla disastrosa guerra franco-prussiana del 1870-1871. I primi tempi di servizio presso il 12° ben difficilmente potevano ricordare al giovane Louis queste antiche glorie, preso come doveva essere, da buona recluta, a spalare letame, strigliare il pelo dei cavalli e centellinare i pochi spiccoli della diaria, vessato dalla disciplina di ferro dei sottuff’ di carriera, come ricordato d’altronde da lui stesso in Casse-Pipe! Dopo un anno da militare di truppa, Louis è promosso Brigadiere il 5 agosto 1913, e quindi Maresciallo d’alloggio il 5 maggio 1914. 
 
Tavola ritraente un Maresciallo d'alloggio del 12° Corazzieri, 1913

Il 31 luglio, a Saint-Germain, il Reggimento è mobilitato e il 2 agosto si assembra nella regione a sud di Commercy. Louis accoglierà la notizia della guerra con lo stesso entusiasmo patriottico di milioni di giovani come lui in tutta Europa, come testimoniato da questa lettera ai genitori scritta poco prima della partenza per il fronte, tanto diversa per stile e spirito dal Viaggio al termine della notte:

“Cari genitori: l’ordine di mobilitazione è arrivato partiamo domani mattina alle 9 h 12 per Étain nelle pianure della Voevre non credo che entreremo in azione prima di qualche giorno […] è una sensazione unica che pochi possono vantarsi di aver provato […] Ognuno è al suo posto sicuro e tranquillo tuttavia l’eccitazione dei primi momenti ha fatto posto a un silenzio di morte che è il segno di una brusca sorpresa. Quanto a me farò il mio dovere sino in fondo e se per fatalità non dovessi tornare… siate sicuri per attenuare la vostra sofferenza che muoio contento, e ringraziandovi dal profondo del cuore. Vostro figlio”.

Il 12°, al comando del Colonnello Blacque-Belair, e facente parte della 7ª Divisione di Cavalleria, condurrà numerose missioni di ricognizione tra la Wöevre, la Mosa e l’Argonne nell’agosto e settembre 1914: il terreno dove opererà, boscoso, con campi cintati da muretti a secco tagliati da fossi e canali, è inadatto all’impiego della cavalleria, men che meno quella pesante. La guerra del ’14 inizia a mostrarsi per quello che è: niente eroiche cariche di cavalieri, ma un cieco tritacarne. Louis scriverà allora a casa lettere di ben altro tono rispetto a quelle precedenti; l’assurdità della guerra inizia a far nascere in lui Céline:

“La lotta s’impegna formidabile, mai ne ho visto e ne vedrò di così tanto orrore, noi camminiamo lungo questo spettacolo quasi incoscienti per l’assuefazione al pericolo e soprattutto per la fatica schiacciante che subiamo da un mese davanti alla coscienza si para una specie di velo dormiamo appena tre ore per notte e marciamo quasi come automi mossi dalla volontà istintiva di vincere o morire Nessuna nuova sul campo di battaglia quasi sulla stessa linea del fuoco da 3 giorni i morti sono rimpiazzati continuamente dai vivi a tal punto che formano dei monticelli che bruciamo e in certi punti si può attraversare la Mosa a piè fermo sui corpi tedeschi di quelli che tentano di passare e che la nostra artiglieria inghiotte senza posa. La battaglia lascia l’impressione di una vasta fornace dove s’inghiottono le forze vive delle due nazioni e dove la più fornita delle due sarà la vincitrice”.

Ad ottobre il Reggimento è inviato nelle Fiandre, partecipando a duri combattimenti assieme ad alcune unità di fanteria nel settore tra Ypres e Poelkapelle; il 27 ottobre, quest’ultima località è battuta incessantemente dal tiro dell’artiglieria e delle mitragliatrici tedesche, tanto che sembra impossibile garantire con staffette le comunicazioni tra il 125° e il 66° Reggimento di fanteria, che stanno cercando di strappare l’abitato di Poelkapelle al nemico. È in questo momento che il Maresciallo d’alloggio Destouches, comandato presso il Comando di Reggimento, si fa avanti, dandosi volontario per questa missione quasi suicida. Louis riuscirà a condurre a termine il pericoloso compito, ma al ritorno, intorno alle ore 18, è ferito gravemente al braccio destro. Dopo essersi ricongiunto alla sua unità, data la mancanza di posti disponibili nelle ambulanze o tende-ospedale a causa del gran numero di feriti e moribondi, dovrà raggiungere a piedi, camminando per sette chilometri, un ospedale da campo presso Ypres. Sarà poi da lì evacuato a Hazebrouck, dove sarà operata la frattura del braccio, e poi ricoverato in degenza all’ospedale militare Val-de-Grâce a Parigi, dove subirà un secondo intervento chirurgico il 19 gennaio 1915. Dichiarato inabile al servizio a causa della sua ferita, viene riformato il 2 settembre 1915: finisce così il servizio attivo di Louis Destouches nell’Armée. 
Per l’eroismo dimostrato sul campo sarà citato nell’ordine del giorno del 29 ottobre del Reggimento, insignito della Medaglia Militare il 24 novembre 1914 e della Croce di Guerra con Stella d’Argento. 


La rivista L’Illustré National del dicembre 1914 dedicherà al fatto d’arme che lo vide protagonista una tavola a colori a tutta pagina: 


Louis-Ferdinand Céline la mostrerà sempre con orgoglio a ogni suo visitatore nell’eremo di Meudon, tanti anni e tante vite più tardi.


Bibliografia:

Dauphin-Boudillet, Album Céline
Gibault, Céline
Ruby - de Labeau, Historique du 12eme Régiment Cuirassiers (1668-1942)
Le 12eme Régiment Cuirassiers (1871-1928)


3 commenti:

Jimmy ha detto...

Bel post, Andrea! ;)

In merito a quanto detto aggiungerei questo:
http://stefanofiorucci.blogspot.com/2011/05/louis-ferdinand-celine-les-carnets-du.html

uno dei primi scritti del Nostro.

Che altro dire?...
La guerra è stata un'esperienza fondamentale per la futura poetica céliniana.

Casse pipe è pura invenzione linguistica.
Se non vado errato avrebbe dovuto essere un lavoro molto più corposo che andò perduto a Rue Girardon...
Lì l'argot e il gergo, in questo caso militare, arriva ai massimi livelli.
Mi sovvengono i diversi epiteti geniali, di sfondo sessuale come 'taupe' oppure i marescialli che sbraitavano "Pin de mouche!..." ai poveri soldati sotto la pioggia.
"Da Parigi ce lo mandano questo qui!.."
Veramente fantastico ;)

Poi, oltre alla poetica la guerra rimarra molto attaccata a Céline Uomo.
Con la sua classica maestria e ironia.
Chi di noi non ha riso quando per tutta la Trilogia il Nostro ci ripete : "L' Articolo 75 al culo!..."

Oppure quando nelle Bagatelles illustrando le leggi di guerra che lui avrebbe proposto come dittatore (mandare avanti gli ebrei delle retrovie, in poche parole) rimarca ancora il suo passato di soldato.

Insomma, la guerra è stata, tragicamente, puro materiale letterario da cui attingere per la creazione.
Forse perché nel suo sgomento la guerra appartiene all'emozione pura che Céline ricercava?

Dal Voyage a Rigodon.
Gli accenni al suo 14-18 saranno omnipresenti. Una guerra che Céline soleva confrontare con quella che lo costrinse a fuggire in Danimarca.

Le rivendicazioni d'un Céline soldato aumentarono ovviamente quando le cose si misero molto male, quando il pericolo di fare la fine di Brasillach era molto pressante.

Per concludere, la vocazione alle armi di quel giovane Céline, poi convinto pacifista, fu proprio come nel Voyage : l'effimera esaltazione per una fanfara.


"C'era il clima esaltato dell'epoca... E poi in quanto artista sono un po' coglione..."

Andrea Lombardi ha detto...

Grazie Jimmy!

Sempre attenti però a non confondere Bardamu con Céline: Céline era pacifista sì, ma pacifista se la guerra non era funzionale alla difesa o agli interessi della sua patria, la Francia, anche quando quella Francia ("quella" degli anni '30 in poi) non era più la "sua" Francia, ossia quella pre-1914: una nazione belle epoque, patriottarda, secondo Céline non ancora del tutto rovinata dall'individualismo, dalla corsa ai diritti senza nessun dovere, etc. (v. già Mea Culpa, concetti poi ribaditi a tappeto nei pamphlet, e ripresi in ogni sua intervista nei '50-'60).

"C'era il clima esaltato dell'epoca... E poi in quanto artista sono un po' coglione..."

Questo è più Bardamu; il Céline biografico è quello che si dà volontario anche nella 2a guerra, e che rimproverà in prima battuta l'entrata in guerra della Francia (e questo parrebbe "pacifismo") ma in seconda battuta di non aver poi saputo combattere e vincere: per LFC esercito vigliacco, quadri incapaci, politici indegni, etc(e questo non è proprio "pacifismo").

Ciao,

Andrea

Jimmy ha detto...

Ciao Andrea, grazie per aver risposto.

Ti ringrazio moltissimo per le puntualizzazioni che hai fatto. Sono sacrosante.
Forse sono stato un po' sbrigativo nel descrivere il Nostro "convinto pacifista". Ho sbagliato.

Figurati, sono il primo che non sopporta chi vede Céline sotto la luce del Pacifista anarchico, amico delle pauvres gens e quindi comunistissa, caduto nell'orrore dell'antisemitismo, tanto cara ad una certa parte politica e culturale.

Io mi ispiravo a un Céline abbastanza giovane, quello dell' Hommage à Zola. (testo che deve essere preso tutt'altro che alla lettera)
Dove il Nostro ci diceva che :

"Liberali, marxisti, fascisti non sono d'accordo che su un solo punto: i soldati!... Niente di più e niente di meno. In verità, non saprebbero cosa fare di popoli
assolutamente pacifici[...]"

Ecco, è qui che io rintraccio un genuino pacifismo. L'idea che le nostre società siano totalmente violente e che a morire, come ci dice nelle Bagattelles, lui sa bene chi ci va...

Un pacifismo che si tiene stretta a sé la nostalgia verso quella Francia e quella guerra che il Nostro aveva combattuto in prima persona.
Un pacifismo reale, non quello di Sartre e compagnia bella.