Sul numero di marzo dell"Indice dei Libri del Mese", una delle più autorevoli pubblicazioni d'informazione culturale italiane, una notevole recensione a cura del francesista Carlo Lauro del nostro 'Louis-Ferdinand Céline - Saggi, lettere e inteviste'! Ora che in Francia negli ultimi mesi la memoria dell'opera di Céline è minacciata da un ritorno al "politicamente e paraculamente corretto", questo bel risultato del libro, affresco a più voci su Céline, uomo "solo contro tutti" e stilista della parola inscindibilmente legati, è ancora più importante!
Colgo l'occasione per segnalare che ci rimangono poche copie delle 200 tirate di questa edizione; chi ne desiderasse una può usare il link in basso, e che una nuova edizione rivista, curata per una diversa casa editrice, dal catalogo ricercato e in linea con un "irregolare" controcorrente e genio della letteratura come il dottor Destouches, sarà disponibile sugli scaffali delle librerie per l'autunno 2017.
Louis-Ferdinand Céline - Saggi, interviste, ricordi e lettere
di Andrea Lombardi, su Amazon: http://amzn.eu/eAAZYwX
[...] Alla sua silloge può affiancarsi un volume che nella sua robusta struttura potrebbe quasi ricordare i francesi Cahiers de l’Herne: Louis Fernand Céline Saggi, interviste, ricordi e lettere, a cura di Andrea Lombardi con la collaborazione di Gilberto Tura.
La vastità e la varietà dei materiali, per la maggior parte inediti in Italia, sono un’opportunità notevole per qualsiasi curioso di Céline.
Si può solo citare alla rinfusa. Tura, ad esempio, racconta la storia intrigante della prima traduzione del Voyage, la prima mai uscita, dovuta ad Alex Alexis; e presenta un ampio estratto della magnifica traduzione inedita di Morte a credito lasciata da Giuseppe Guglielmi, molto più celiniana e plebea di quella toscaneggiante di Caproni, il quale già nel 1968 riconobbe lealmente tutte le proprie insoddisfazioni per “quell’atto temerario”.
Articolo polemico (1970) è il Céline underground di Celati (altro sommo traduttore) sulle prudenze bigotte di prefatori come Carlo Bo o sulla “civile noncuranza” verso Céline dimostrata dalle avanguardie italiane e dai francesi di “Tel Quel” o dell’ École du regard; mentre la consueta lucidità di Cases ne Il “caso Céline”. Illusioni illuministiche e paranoia antisemita (1971) analizza la spiazzante parabola dal Voyage alle Bagatelles. E poi ancora ci sono le voci di Vonnegut, Arbasino, Le Clézio, Vandromme, Dubuffet, Deleuze e Guattari, Guillemin etc. (manca purtroppo la sorprendente stroncatura di Da un castello all’altro firmata da Pasolini. Gli interventi di Pound, Miller, Burroughs, Bukowski, danno invece la misura di un’accettazione americana dello scrittore, diffusa, senza riserve. Burroughs rievoca una visita, insieme a Ginsberg, nel 1958 a Céline (residente ormai nel suo serraglio di Meudon) il quale, richiesto di alcune opinioni su Beckett, Sartre, Genet, Michaux, S. de Beauvoir e contemporanei vari, rispondeva infallibilmente “Non è nessuno. Non è nessuno. Non è nessuno”. Saul Bellow vedrà invece in lui un “rompicapo incredibile” e “sgradevole”, rilevando inconciliabilità assoluta tra lo spirito di una scrittura superiore e contenuti antisemiti. In uno stralcio delle sue conversazioni raccolte da Yvon De Begnac, Mussolini – curioso reperto – definisce Céline “una bomba armata a rancore”, nel Voyage scorge “scrittura giacobina” e “argot boulevardier”, ma preconizza “un classico di questo secolo”.
Le interviste riportate da Lombardi sprizzano di vitalità visionaria.
Nell’infinità di considerazioni, spiccano la ripulsa verso modernità e consumismo (l’abbrutimento di televisione, settimanali, automobili, cinema sonoro), il precipizio della giovane letteratura, l’imminente invasione “gialla”, la crescente insofferenza per la ferocia e la pesantezza degli uomini. Tra citazioni di Voltaire o di La Rochefoucauld (non è un neo-arroccamento sui classici,Céline adorava Racine e si faceva spedire in Finlandia musica di Couperin), le conversazioni riprendono i moniti apocalittici degli scritti.
Nel novero delle lettere, spiccano quelle scambiate con Elie Faure, di lucidità brutale sulle questioni sociali e classiste.
Quanto a quelle inviate alla stampa collaborazionista francese, a parte qualche delirio di troppo, non sovrappongono nessuna reale adesione politica all’anarchismo naturale, allo scetticismo inguaribile di Céline. Pezzo di bravura è qui una sorta di missiva antisemita (in “Révolution nationale”, 1943) contro Proust, baco da seta e genio talmudico. In realtà Céline era lettore troppo sottile per un abbaglio su Proust; sotto la coltre di sberleffi per il pédé, il juif e il suo stile bavoso, si troveranno talvolta auree pagliuzze di riconoscimenti mai concessi ad altri (esempio, l’illuminante missiva a Paulhan del febbraio ’49, non presente nella scelta di Cardelli).
Merito non minore dei due appassionati curatori è la ricca documentazione iconografica: tappe che vanno dal reprensibile ragazzetto del Passage Choiseul al milite del ’14, dal distinto dr. Destouches al neo-letterato vincitore del Prix Renaudot, dal confinato in una landa danese al malandato reduce di Meudon circondato da cani, gatti e un pappagallo. Oltre, naturalmente, alle donne di una vita, a mitiche prime edizioni, a numerosi giornali d’epoca, alla galleria di contemporanei più o meno da lui considerati.
Carlo Lauro
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