mercoledì 13 novembre 2013

Scrittura e oralità nell'opera di L.-F. Céline, di Giulia Grementieri




Siamo felici di postare questo estratto della tesi di laurea di Giulia Grementieri, intitolata "Scrittura e oralità nell'opera di L.-F- Céline" e la ringraziamo per le belle parole sul nostro blog riportate nel secondo paragrafo postato.

2.2 Tecnica e stile di Céline
  
Personalità eccentrica e fortemente contraddittoria Louis-Ferdinand Céline, come abbiamo visto non nasce con l’intenzione di fare lo scrittore: infatti non ha radici dalla letteratura ma ha una formazione in ambito medico. Céline è stato il primo scrittore nel Novecento a introdurre nella lingua scritta il sentimento, l’emozione della lingua parlata e l’autenticità. Lo stile letterario di Louis-Ferdinand Céline è spesso definito, e a lui va il merito, per aver rappresentato una «rivoluzione letteraria»[1].
Egli ha inventato un modo nuovo di scrivere, un linguaggio riconoscibile e ha spaziato in ogni campo, dalla letteratura alla musica.
Louis-Ferdinand Céline appartiene a una serie letteraria che comincia con scrittori come Ernest Hemingway, con un abbandono totale del racconto psicologico, e si avvicina a letterati come James Joyce e Samuel Beckett. Spesso, però, il nome di Céline è accostato ad un altro grandissimo scrittore come Marcel Proust. Proust e Céline, entrambi bretoni, sono stati, riconosciuti, infatti, come i più grandi romanzieri francesi del Novecento attraverso l’originalità della loro scrittura, per il loro stile inconfondibile.
Come fa notare Vitoux, i loro romanzi sono molto dissimili e i due autori si presentano distanti «à des années-lumière l’un de l’autre»[2] .
Come nota Jean Bloch-Michel: «les lecteurs de Céline ne sont pas ceux que cette œuvre touche parce qu’il s’y trouvent à leur aise, dans un language qui est leur», ma «plutôt ceux qui sont sensibiles à des qualités esthétiques extrêmement raffinées qu’ils découvrent dans cette œuvre»: insomma, essi «apparteinnent à la même famille que les lecteurs de Proust ou de Dostoïevsky: ce sont simplement des gens qui aiment la littérature, non des gens à qui Céline a ouvert l’accès a la littérature»[3].
Dal punto di vista stilistico Céline ha compiuto l’impossibile miracolo di introdurre il “parlato” nella scrittura e ha creato una forma letteraria e una rivoluzione stilistica senza precedenti che verrà omaggiata e riprodotta  da molti scrittori successivi come Charles Bukowski ed Henry Miller. Bukowski in confronto a Céline risulta meno graffiante e più di facile lettura, la sintassi  è meno strutturata e decisamente vicina alla “cattiva scrittura” di cui Céline faceva uso e di cui lo scrittore americano era grande estimatore infatti, nei suoi libri cita lo scrittore francese più volte, a partire da Shakespeare non l’ha mai fatto, fino al suo ultimo romanzo Pulp. Una storia del XX secolo, verso il quale si dichiara debitore[4].
Ha dichiarato Céline stesso:

[...] La cosa che mi interessa più di tutto è scrivere, dire tutto quello che ho da dire, con passione; non potrei fare altrimenti. Ci ho messo gli anni a mettere giù Viaggio al termine della notte. Ma ce ne vorranno forse cinque di anni per scrivere il libro che ho cominciato. Voglio che sia come una cattedrale gotica. Ci saranno buoni e cattivi, assassini, massoni, come viene in principio, finché tutto prenderà ordine, se ne avrò la forza, come in una cattedrale. [...] Il mio stile? Se lo abbasso al livello famigliare e volgare, è perché è così che lo voglio[5].

Gli idiomi creati da Céline non esistono, un aspetto importante dello stile celiniano è dato dall’importanza dei neologismi, parole che l’autore inventa.
Nel tono, nel linguaggio, nei luoghi descritti e nelle atmosfere sociali si comprende lo squallore dell’esistenza umana, del suo degrado. La narrazione si fa grido e ritmo, sostenuto da un linguaggio fatto di un argot popolare. I personaggi vivono in un’immobilità stagnante, fatale, ineluttabile, per cui tutto procede senza che si possa intervenire. Il suo stile è anticonformista, si basa sul linguaggio parlato, e conferisce autenticità alle emozioni descritte[6].
Lo stile di Céline, scrive Lanuzza, si compone di una dialettica che erompe nella sua scrittura, si riversa in un vero e proprio caos: fluido, magmatico e fluttuante. Uno scorrere che nell’argot tipico-delirante dello scrittore trova il suo miglior linguaggio espressivo-comunicativo. Una scrittura e uno stile letteralmente sovversivo e innovativo. Dal taglio originale, come se fosse un inarrestabile Joyciano flusso di coscienza, che scompiglia la scrittura simbolica nell’ordine del discorso. Anche la sintassi viene messa a soqquadro:

Tre puntini di sospensione e punto esclamativo. Frasi con intonazioni sospensive […] e frasi con intonazioni esclamative: un po’ in tutte le narrazioni […] Céline, manieristico imitatore di sé stesso, le adopera per dare alla frase un ritmo sincopato, attuare una scansione musicale delle proposizioni e inventarsi una logica enunciativa ellittica e senza subordinate. […] Stile esclamativo”! di Céline: d’un autore che non interroga ma dà risposte. Sempre perentorie[7].

Un argot come gesto e grido che insiste sul significato risonante, prosegue Lanuzza:

una specie di instancabile passo semantico, di orgiastico spasimo metrico ritmante l’insofferenza e, ancor più, l’esacrazione […] Scrittura non sequenziale, quella di Céline: leggibile per impressioni ed emozioni liberamente collegate. […] In sovrappiù […] c’è l’aggiunta del tema dell’odio: odio per la lingua del potere, odio di chi scrive in nome della volontà di potenza della parola contro la storia della società[8].

Alberto Albasino, che incontrò, a Meudon, Céline descrisse la sua esperienza e tratteggiò Céline come un medico dedito ai suoi pazienti e uno scrittore scrupolosissimo, sempre alla ricerca del modo di rendere l’emozione nello scritto, tanto da etichettare lo scrittore con l’ appellativo di “stilista”. Lui in un intervista usa a dare questa spiegazione: «Perché io sono uno stilista, solo questo. [...] Mi importa soltanto lo stile [...]. Ma a me interessa solo il punto di vista emotivo: solo questo appare nel libro»[9].
Nel suo saggio Poétique de Céline Henri Godard sottolinea che, nonostante la plurivocità dell’autore, la sua voce rimane «unica» e rappresenta la forza dell’opera:

Essa [la voce] si è imposta di primo acchito, poi riaffermata di libro in libro: è essa che ritroviamo, identica a se stessa, interamente presente e impossibile da confondere, in qualunque pagina dei suoi romanzi. La plurivocità che essa coltiva non è che uno dei suoi caratteri, i suoi accenti sono dipendenti da essa. Al di là dei suoi effetti, per quanto ricchi e sottili siano, c’è una maniera, diversa da tutte le altre e consustanziale all’opera, di scrivere il francese, ed è prima di tutto a questa maniera che diamo il nome di Céline[10].

Secondo Alexander Styhre l’uso sperimentale dei puntini di sospensione come dispositivo letterario nella scrittura di Céline porta alla pura innovazione, sorprendentemente poco curata dalla letteratura, e alla capacità d’innovare allo stesso modo con  i segni grafici del trattino o la virgola[11].
L’eccellenza del linguaggio celiniano, inarrivabile per qualsiasi altro scrittore e, contrariamente a quanto immaginabile frutto di un pazientissimo, ed accuratissimo lavoro, di come una data frase può essere scritta per suscitare la giusta emozione, come per le pagine dei manoscritti di uno dei libri, da molti considerati come minori, della Trilogia del Nord, Céline, scriveva decine e decine di migliaia di pagine. Come afferma Badellino nella terza parte del suo scritto:

La cosa che più mi colpisce, aprendo un libro di Céline […] è certamente il linguaggio. Un brano tipo di Céline è pieno zeppo di “allucinazioni, deliri, controsensi”, il tutto imbastito nel suo linguaggio funambolesco che ha tanto del soliloquio del demente. […] Ogni pagina, lontana dall’essere scritta di getto come sembra, è frutto di molteplici riscritture e di un pazientissimo lavoro di lima[12].

E spiega: «Céline, con la sua “Petit Musique”, come egli stesso ebbe a chiamarla, creò uno stile che raggiunge il nucleo incandescente dell’emozione originaria»[13].
La sua lingua affronta diversi periodi raggiunge l’apice sperimentalista negli anni ’50 con Guignol’s band (1944) e La Trilogia del Nord dove la scrittura si presenta in maniera stranissima: piena di puntini di sospensione e piena di punti esclamativi come a replicare le pause e l’incisività nel discorso parlato. Il parlato si presenta molto esasperato, la lingua appare disarticolata, i personaggi balbettano e bofonchiano. Riguardo al primo, a parere di Celati le pagine di questo libro sarebbero:

pura musica di parole, che a me sembrano il più audace tentativo mai fatto per narrare uno stile musicale: per sfuggire quel genere di divagazione sospesa e senza oggetto che solo la musica può compiere[14].

In un intervento del 1980, dopo aver manifestato la propria attrazione per le parole celiniane così asfissianti e distruttive ma vibranti di un ritmo senza pari, Celati parla di scrittura jazzisticamente orientata che faccia finta con «le frasi a braccio-di-morto-che-cade»[15], poiché «scrivere jazz si potrebbe a svelti passaggi, piccoli silenzi, e variazioni d’improvviso che portan via»[16], Gianni Celati invita a leggere a voce alta Guignol’s Band; che egli stava allora traducendo per Einaudi, interpretandone l’anima musicale e focalizzando: «I toni bassi. E i piccoli silenzi, le riprese, le note stridule, le scale con variazioni al momento giusto. La voce-strumento e la penna-sax»[17]. Convinto che l’emozione possa essere catturata solo attraverso il linguaggio parlato, Céline impegna la propria scrittura in questo trasferimento dal parlato allo scritto assumendo la qualità logica e grammaticale del discorso alle urgenze dell’enunciazione. Il parlato si propone proprio come il parlato reale che trasmette emozioni,  la lingua è come destrutturata e dà l’impressione che lo scrittore voglia procedere solamente per suoni come a richiamare un recupero del primordiale che rompa con il formale. Secondo Julia Kristeva in Guignol’s Band sarebbe proprio la scrittura céliniana a produrre la strategia musicale – che utilizza prevalentemente i processi della segmentazione e dell’ellissi sintattica: «Céline musicista si rivela uno specialista della lingua parlata, un grammatico che concilia mirabilmente la melodia e la logica»[18].
Céline rifiuta in realtà di dare un centro a ogni unità del racconto. Introduce differenti novità lessicali, come vocaboli che non hanno equivalente in italiano e nelle altre lingue, un ritmo originale. Céline, come nella sua personalità, è uno scrittore contradditorio; il suo stile mescola il linguaggio orale al linguaggio scritto ed è facilmente identificabile e riconoscibile. La sua scrittura è chiaramente dominata dalla violenza, le frasi sono brevi spesso esclamative. La ripetizione di uno stesso gesto o di una stessa parola genera una particolare ritmicità. Il suo linguaggio si compone di neologismi, onomatopee e di vocaboli che imitano i suoni della quotidianità. Céline ha uno stile particolare nei suoi romanzi, tale ritmo distintivo domanda al suo autore un riguardo del tutto particolare.

2.3 Le comunità céliniane

In Italia c’è sempre stato un occhio di riguardo verso Louis-Ferdinand Céline, in particolare nell’ultimo periodo, e anche in occasione del cinquantesimo anniversario della morte avvenuta nel 1961. Nei decenni successivi alla sua morte e con la rivisitazione storica e la rivalutazione commerciale sono aumentati i lettori di questo grande scrittore.
Alcuni di questi, tra i più “fedeli” hanno contribuito alla diffusione biografica e letteraria di Céline, tantissimi gli ammiratori e le comunità che si sono create negli anni nelle quali è vivo non solo il ricordo letterario dell’opera, ma anche il dibattito e il confronto tra i suoi “seguaci”. Una di queste grandi comunità è per esempio quella creata da Andrea Lombardi e Gilberto Tura, uno dei primi blog italiani animato da post e notizie, testimonianze, interviste ed estratti, anche rari, della vita e dell’opera dello scrittore[19]. Particolarmente visitato è anche lo spazio, all’interno del blog, dedicato alle iniziative presenti e future quali conferenze, convegni, recensioni dove il tema centrale è sempre il percorso letterario di Céline. Attualmente in Italia sono stimati in circa migliaia lettori dell’opera céliniana, e questo fenomeno risulta ancor più presente, diffuso e amplificato in Francia dove tra i principali siti dedicati allo scrittore segnalo i più noti: LE PETIT CÉLINIEN sito di attualità celiniana[20], Société d’études céliniennes[21], l’ottimo L’ombre de Louis-Ferdinand Céline, “Réflexions, commentaires et critiques sur l’écriture, la vie et l’esprit de Céline” di Pierre Lalanne[22], Céline en phrases, sito diretto da Michel Molus[23], e la bibliografia degli scritti dello scrittore di Jean-Pierre Dauphin e Pascal Fouché[24].
È interessante analizzare come l’influenza letteraria di Céline si sia consolidata dopo la sua morte. Anche la critica si è esposta sempre di più con giudizi positivi riuscendo a ridurre al minimo l’influenza negativa avuta dal pensiero politico dello scrittore e difficilmente accettato soprattutto nel periodo post-bellico. Non solo la letteratura ma anche il ruolo della censura è stato completamente rimesso in discussione, scardinato dal coraggio e dalla violenza lirica del fluire delle pagine celiniane così come Céline pochi altri hanno avuto questo ruolo di frantumazione con un certo tipo di critica moralistica: tra questi si può certamente ricordare Henry Miller. Tra gli aspetti meno noti, ci sono poi alcune curiosità di comunità esterne a quelle letterarie che traggono tuttavia ispirazione dal pensiero dello scrittore: tra questi l’infinita comunità degli animalisti di tutto il mondo che riconoscono a Céline di essere stato un precursore nella lotta alla difesa dei diritti agli animali, la presenza di questi ultimi non solo è riscontrabile nelle pagine dei suoi scritti ma una costante della sua vita. In particolare il gatto, animale che Céline adorava e con il quale aveva un rapporto quasi spirituale, è facile quindi trovare il volto emaciato di Louis-Ferdinand accanto a uno slogan per i diritti degli animali.





[1] Jean–Yves Guérin et Agnès Spiquel, Les révolutions littéraires aux XIX et XX siècles, Presses Universitaires de Valenciennes 2006, p. 187.
[2] Frédéric Vitoux, Céline, Belfond, Paris 1978, p. 21.
[3] Jean Bloch-Michel, Le Présent de l’indicatif, Gallimard, Paris 1963, p. 119.
[4] Charles Bukowski, Pulp. Una storia del XX secolo, Feltrinelli, Milano 2013.
[5] AA.VV., Giancarlo Pontiggia (a cura di), Céline e l’attualità letteraria, SE, Milano 2001, p. 24.
[6] Renee Winegrarten, Céline: the problem, American Scholar, Vol. 65, Issue 2, Spring 95, p. 286.
[7] Stefano Lanuzza, Maledetto Céline. Un manuale del caos, Stampa Alternativa, Roma 2010, p. 200.
[8] Ivi, p. 192.
[9] Alberto Arbasino, Parigi o cara, Adelphi, Milano 1995, p. 42.
[10] Henri Godard, Poétique de Céline, Gallimard, Paris 1985, pp. 181-182.
[11] Alexander Styhre, Céline and the Aesthetics of Hyperbole: Style, Points, Parataxis and Other Literaty Devices, “Ephemera”, vol. 11, issue 3, 2011, p. 263.
[12] Paolo Badellino, La follia controversa di Louis-Ferdinand Céline, in «Rivista sperimentale di Freniatria», vol. 108, 1984, p. 28.
[13] Ivi, p. 29.
[14] Gianni Celati, Céline, jazz a credito, in «Effe», 2, primavera 1996.
[15] Gianni Celati, Scrivere Jazz si Potrebbe, e Charlie Parker Sarebbe Contento, in «Musica 80», 2 marzo 1980, p. 24.
[16] Ibidem.
[17] Ibidem.
[18] Julia Kristeva, Power of Horror: An Essay on Abjection, Columbia Univerisity Press, New York 1982 (trad. it., Poteri dell’orrore: saggio sull’abnegazione, Spirali, Milano 1981).
[19] http://www.lf-celine.blogspot.it/
[20] http://www.lepetitcelinien.com
[21] http://www.celine-etudes.org
[22] http://celinelfombre.blogspot.com
[23] http://www.celineenphrases.fr
[24] http://www.biblioceline.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti alla dott.ssa Grementieri. Mi piacerebbe leggere la sua tesi. Bello comunque scoprire un'altra erudita appassionata del nostro. E meritato l'omaggio a questo splendido blog.
Vincenzo