giovedì 17 giugno 2010

La trilogia del nord di Céline, Einaudi




Dalla prefazione:

Questi tre romanzi, che ne formano quasi uno solo, hanno più di un titolo per essere ritenuti un’opera importante. Non solo infatti rappresentano il punto d’arrivo di un lavoro romanzesco che, cominciato con “Viaggio al termine della notte” e portato avanti regolarmente in seguito, colloca Céline entro la linea dei grandi innovatori del ventesimo secolo, ma sono anche una di quelle rare opere in cui la letteratura sia riuscita ad impossessarsi di quell’avvenimento storico che tanto più paralizza le facoltà immaginative e le penne quanto più radicalmente ha sconvolto il nostro mondo: la Seconda Guerra Mondiale.Scegliendo di rievocare a modo suo ciò che aveva visto e ciò che aveva vissuto nella Germania del 1944-1945, non c’è dubbio che Céline fosse cosciente d’essere uno dei pochi in grado, per sensibilità, immaginazione e stile, di dare un’esistenza letteraria a una simile apocalisse. A Baden-Baden, a Berlino, a Zornhof, a Sigmaringen, la Storia stessa sembra aver autonomamente assunto la cadenza di un romanzo céliniano. “C’è stato un cataclisma. [...] La cosa ha fatto del rumore, ribollimenti, bengala, cataratte. C’ero dentro, ne ho approfittato. Ho utilizzato questa materia”, dice Céline in un’intervista del 1960. Intorno al 1955, col distanziamento che gli veniva da dieci anni di prigione, di esilio e di miseria. Céline si era reso conto di possedere in quell’esperienza il materiale del romanzo che avrebbe portato a compimento l’opera cominciata nel “Viaggio” con la rievocazione del primo grande sconvolgimento di questo secolo. Attraverso il racconto di un’avventura personale che lo aveva fatto odiare da quasi tutti i suoi contemporanei, proprio a lui era stato dato di esprimere quella vita braccata dalla fame, le bombe e la delazione che era stata la guerra per tanti Europei.Il presente volume che, riunendo le tre parti di questa trilogia tedesca, dà la possibilità di leggerle nella maniera in cui devono essere lette, vale a dire di seguito, deve permettere a tutti coloro che si erano allontanati da Céline a partire dal 1937, di convincersi che la sua produzione romanzesca non si conclude affatto con Morte a credito. Di là dai romanzi del periodo intermedio, “Guignol’s Band” e “Pantomima per un’altra volta”, il cui valore resta ancora in larga misura da scoprire, questi tre romanzi scritti fra il 1955 e il 1961, sono senza dubbio quelli in cui, come succede nelle ultime opere di molti grandi creatori, la voce dello scrittore, sbarazzatasi di ogni prestito e di ogni esagerazione, si fa sentire con maggiore purezza. Tutti coloro che, a partire dalle prime righe del Viaggio, sono stati sensibili al timbro e alla cadenza della “piccola musica” céliniana, a questo tracciato teso sul vuoto, spezzato in continuazione, in continuazione ripreso, a questa respirazione affannata che sa come nessun altra mantenere il lettore col fiato sospeso, ritroveranno qui, più forti che mai, i prestigi di uno scrittore che, quale che sia la severità dei giudizi che si possono pronunciare su altre parti della sua produzione, si afferma di giorno in giorno come uno dei più grandi romanzieri della sua epoca.Un mondo a ferro e fuoco, per tre quarti distrutto, che viene percorso in ogni direzione da esseri stralunati in cerca di cibo e riparo, questa è la Germania che Céline impone alla nostra immaginazione. “I tempi sono fuori dai gangheri”, come nell’Amleto. Stretta a tenaglia dai diversi eserciti alleati, sorvolata impunemente giorno e notte dai loro aeroplani, bombardata instancabilmente, questa Germania della disfatta è un incubo in cui Céline gira a vuoto, alla ricerca della breccia che gli permetterà di uscirne. Tutta la guerra è qui – non più quella dei combattimenti, delle pallottole che fischiano, delle trincee, dei corpo a corpo, ma quella dei bombardamenti, degli esodi, degli internamenti. In queste rievocazioni di nazisti sconfitti e di collaborazionisti francesi senza via di scampo, si trova resuscitata e inscritta nel linguaggio della letteratura un’esperienza della guerra che è stata quella di milioni di uomini per più di sei anni; nei momenti di parossismo, un ciclo di zolfo e di fuliggine, quelle esplosioni di bombe che rappresentano per tutta la trilogia come un sottofondo sonoro o un basso continuo, l’odore tenace di legna e di carni bruciate, la scoperta di cadaveri, a volte rimasti in piedi, a volte seppelliti sotto le macerie, a volte invischiati dentro del bitume fuso; il resto del tempo: la fame, la paura, il freddo. Céline in testa, quasi tutte le figure che popolano questi tre romanzi sono quelle di gente esiliata, lontana da casa, la cui esistenza in un paese al termine delle risorse è minacciata in continuazione, francesi collaborazionisti di Sigmaringen, internati raccolti a Zornhof, feriti, militari dispersi, donne e bambini che in Rigodon riempiono i marciapiedi di tutte le stazioni di Germania e i pochi treni che ancora circolano, sono tutti “fuori posto”, minacciati; hanno tutti un solo pensiero: sopravvivere. All’ossessione dell’approvvigionamento (e cosa dire di quelle carni sospette, un po’ troppo bianche, che a volte ti vengono offerte?) si aggiunge l’idea fissa di un arresto all’improvviso e di un’esecuzione immediata.

Descrizione

“Da un castello all’altro” è la rielaborazione letteraria di un lungo e movimentato soggiorno che Céline fece in Germania fra il 1944 e il 1945. Resoconto, romanzo autobiografico, cronaca della caduta del nazismo. Soprattutto delirio della memoria, odio furente che nulla salva, né vinti né vincitori. Una lacerante “cognizione del dolore” percorsa da momenti di grandiosa, terribile comicità, degno inizio della “trilogia tedesca” di cui Nord è la parte centrale. Innescato sul tema ossessivo dell’esilio e della fuga, paranoico e grandiosamente comico, Nord segna il passaggio a un registro di avventure individuali dove incombe la paura della guerra, delle bombe, della morte, doppiata dal terrore di essere insidiati da una trappola invisibile in un intreccio illuminato da scene sinistre e ilari crudeltà. La trilogia si completa con Rigodon, dove Céline procede per condensazione e riunisce tutti i viaggi compiuti durante il soggiorno in terra tedesca dal giugno del ’44 al marzo ’45. La versione di Giuseppe Guglielmi ha saputo reinventare lo stile “basso” e ribollente di Céline, la sua terribile petite musique ai limiti del silenzio, del rumore interminato che cova nella parola.

23 commenti:

Meridiano ha detto...

era ora! E adesso tocca ai pamphlet!

davide ruffini ha detto...

no, ora tocca a pantomima e normance

guignol ha detto...

vogliamo tutto!!!!!!

guignol ha detto...

vogliamo tutto!!!!!

si ha detto...
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si ha detto...
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Andrea Lombardi ha detto...

Grazie Stefano!

Andrea

Roberto ha detto...

Ciao. Qualcuno sa dirmi per piacere, se nella nuova pubblicazione c’è ciò che c’è nel libro Einaudi-Gallimard della Biblioteca della Pléiade?

lazard ha detto...

per roberto: da quello che so io è la stessa identica edizione, ma più leggibile ed economica.

ciao

Roberto ha detto...

Sarebbe ottimo. Ti ringrazio molto per la gentilezza Davide.

Meridiano ha detto...

si tratta delle traduzioni di Guglielmi con in più un commento, da quello che ho letto

Roberto ha detto...

Sí non manca nulla l’ho acquistato. Grazie Meridiano.

si ha detto...
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si ha detto...
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guignol ha detto...

Stefano...a me sembri un po' "pazzo" lo stesso anche se hai argomentato...comunque prenderò questa trilogia pure se ho già i tre libri... vuoi mettere averli tutti riuniti in un solo volume? e poi il prezzo è veramente competitivo!
io sto diventando abbastanza "matta" a leggere Guignol's Band nell'edizione Pléiade, che come diceva Davide, sarà anche bella ma è decisamente noiosetta con quelle pagine così sottili che devo leggerne il numero per sapere se sto proseguendo giusto...
va beh! per Ferdinand questo ed altro, no?
...siamo tutti matti...

lazard ha detto...

menomale che c'è qualcuno che la pensa come me su quella edizione! grazie guignol. poi, che risate leggere le invettive di ferdinand proprio contro il suo editore "AChille Brottin". è proprio uno spasso. vi immaginate uno scrittore d'oggi che prende a insultare il suo editore così. tutti quelle coorti di leccaculo. invece Céline è... inutile a dire: è il numero UNO

Roberto ha detto...

E avrai anche una prefazione e un apparato critico comprando il libro Guignol.

Meridiano ha detto...

devo dire che trovo interessanti anche la pre e postfazione anche se manca quella di Guglielmi scritta in calce alla versione di Nord originale

Andrea Lombardi ha detto...

Sì, infatti. Piano piano emerge una lettura della bibliovita di Céline più matura; per noi è "normale", ma per il lettore medio no, quindi benissimo!

Questa edizione Einaudi è dal pdv editoriale abbastanza buona; rimane migliore però la rilegatura e la cucitura dei vecchi Struzzi.

Da "matto" a "matti", spezzo però una lancia sugli Einaudi-Gallimard. Tra 50 anni la carta sulla quale sono stampati sarà ancora quasi perfetta, quella della Trilogia (e di quasi tutti gli altri libri standard dal '900 in poi) patirà molto il tempo!

Andrea

guignol ha detto...

ho passato la domenica pomeriggio a ridere come una scema sulle pagine di Guignol's band...se non sapessi che Céline era contrario alle droghe, mi starei chiedendo cosa aveva in corpo quando ha scritto quel racconto! qualcuno ricorda le scene con Van Claben e Sosthène? a me hanno fatto piangere dal ridere, troppo assurde...

lazard ha detto...

credo che più o meno tutti quelli che hanno comprato questa edizione della Trilogia abbiano iniziato a rileggerla. io sì perché non mi andava di leggere solo Nord(che non ho ancora mai letto) e così mi sono detto di dargli quel taglio cronologico e d'uscita che Céline scelse.
penso che quest'opera sia in definitiva la più riuscita in assoluto, anche se sono un adoratore incondizionato di Morte a credito. ma la trilogia è la dimostrazione di quanto genio e tempo ci vogliano per trovare la propria voce interiore, originale e inimitabile e stenderla sulla pagina nel migliore dei modi possibili.
se dopo la pubblicazione dei pamphlet maudit la critica si trovò spiazzata davanti a Guignol's band non aveva tutti i torti e nemmeno Céline ne fu troppo entusiasta, secondo me, altrimenti l'avrebbe portato a termine. già lì Céline iniziava ad essere più Céline del finale, ma si agitava in un antro fantastico direi shakespeariano che ancora non porta dietro gli strascichi della storia (universale ed individuale). nella trilogia invece l'urlo parte dal fondo dei fatti. è la verità camuffata in farsa personale, ma è la realtà che prorompe, anche se a sprazzi. il narratore ci è dentro come nella fossa. lì Céline, il Torto per antonomasia, l'Antagonista, il Reprobo, può dire quella frase che non sottolineo di rosso solo perché ho troppo rispetto dei libri: quella frase meravigliosa che è "La diversità è la mia legge"! e la può gridare quella frase perché Céline è fuori delle parole, è dentro la vita e lui una cosa del genere la può cantare! e non fa altro in tutta la trilogia

guignol ha detto...

io finisco Guignol's band e poi, se nel frattempo non esce qualcosa di nuovo, mi rileggo tutto in ordine cronologico, a partire dal Viaggio...perchè non ho voglia ancora di leggere qualcun altro, e perchè pare che per me valga la "profezia" di Céline che diceva di aver scritto per rendere illeggibili gli altri...non posso farci niente, continuo a fare confronti, anche se so che è sbagliato, poichè ognuno è quello che è, massimo rispetto per alcuni scrittori, ma che dire? finisce che cerco anche in altri le stesse sensazioni emozioni che mi dà Ferdinand ed allora ovvio che mi cadono le braccia, che mi deconcentro, che comincio a pensare che "ecco! qui Céline avrebbe detto così, descritto cosà, ecc ecc ecc..."
sto andando fuori di testa, dovrei darci un taglio, ancora un po' e finisce che non riesco ad interessarmi ad altri...
si può essere innamorati di una persona mai conosciuta e morta 49 anni fa?

guignol ha detto...

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/torna-celine-piu-attuale-che-mai/2130289/9
qui c'è un'altra recensione bella lunghetta...