mercoledì 27 gennaio 2010

Saviano, Consolo e Céline




Dal Giornale:

Saviano cita Céline e Consolo se ne va
di Maurizio Caverzan


Del resto, un po’ se l’è cercata. Esponendosi così tanto, pur se scortato, era inevitabile che da destra e da sinistra volessero accaparrarselo, tirandolo per la giacchetta stazzonata. E se lui non si lascia addomesticare abbastanza - leggi: non si allinea al verbo dominante - allora vade retro.

Lo scandalo è nato da una recente intervista a Panorama nella quale Roberto Saviano rivelava di essersi formato «su molti autori riconosciuti della cultura tradizionale e conservatrice». Non una confessione sui generis, ma con nomi e cognomi, scomodi più che mai: «Ernst Jünger, Ezra Pound, Louis Ferdinand Céline, Carl Schmitt». E nemmeno una rivelazione di peccati di gioventù di cui pentirsi, ma una convinzione radicata e rivendicata: «Non mi sogno di rinnegarlo, anzi. Leggo spesso persino Julius Evola...», ribadiva Saviano destando la riprovazione della più sussiegosa classe intellettuale sinistrese. Possibile? Ma quel Saviano lì non era dei nostri? Certo, ma se legge quei libri là dev’essere un pochino anche dei loro. Anche se poi, loro, non lo amano particolarmente magari solo perché porta la barba, l’abito dimesso e rifugge le cravatte.

Nel suo ultimo libro dedicato all’«estinzione degli intellettuali d’Italia», I conformisti (Rizzoli) Pierluigi Battista ha raccontato con un’infinità di esempi il conformismo che affligge gli uomini di cultura di casa nostra. Un conformismo che fa prevalere le logiche dell’appartenenza e dello schieramento sulla circolazione del libero pensiero. E il caso Saviano, per complessità del protagonista e per la rigidità di quelli che sempre Battista chiamerebbe «le sentinelle occhiute dell’ortodossia», si presta alla perfezione a descrivere lo schematismo di cui soffrono anche i nostri migliori intellettuali. Un caso da manuale, insomma.

È accaduto che, sull’onda del successo delle sue produzioni tutte, Einaudi aveva deciso di pubblicare questa primavera nella collana Stile Libero un cofanetto intitolato Orazione civile che, secondo le parole dello stesso Saviano, raccoglie nel libro «storie sconosciute, a volte dimenticate, spesso colpevolmente rimosse. Storie che mappano la mia terra e ne tracciano una geografia diversa da quella ufficiale. A parlare sono le testate locali: titoli e articoli scritti col sangue, che gridano vendetta». Il dvd invece propone l’intero monologo su informazione e criminalità tenuto nella puntata di Che tempo che fa del marzo scorso e un extra inedito di venti minuti. Il tutto nobilitato da prestigiosi interventi tra i quali quello di Vincenzo Consolo, lo scrittore siciliano che proprio di recente aveva annunciato la decisione, stavolta pare davvero definitiva, di abbandonare Milano «città irriconoscibile, centrale della menzogna», per andare a «morire nella mia Isola». Ebbene, letti i nomi degli ascendenti letterari di Saviano, a Consolo si devono essere rimescolate le viscere. Céline e Pound, Jünger e Evola sono troppo indigesti, ostacoli insormontabili.
Alla sentinella dell’ortodossia forse era sfuggito che già un paio d’anni fa Saviano aveva pronunciato quei nomi in un famoso colloquio con Alessandro Piperno sul Corriere della Sera. E però stavolta era difficile non accorgersene: Saviano non è editorialista di Repubblica, firmatario di appelli in difesa della Costituzione carta sacra e inviolabile, frequentatore dei talk show più patinati? E allora, al diavolo le sue perversioni letterarie di gioventù. E addio intervento per il cofanetto di Stile Libero. Il bipolarismo culturale non ammette eccezioni, come si permette Saviano di attraversare il Muro di Berlino della letteratura senza avvertire prima?
Alla Einaudi si trovano conferme della mancata partecipazione di Consolo. «Il libro uscirà ai primi di marzo con gli interventi di Walter Siti, Aldo Grasso, Benedetta Tobagi e del semiologo Paolo Fabbri», risponde Severino Cesari, uno dei due responsabili di Stile Libero. «Abbiamo fatto tutto un po’ in corsa e siamo soddisfatti anche quando attorno a un’iniziativa si discute. Tra Consolo e Saviano c’è un rapporto personale e noi rispettiamo le scelte di chi decide di non partecipare».



Interpellato ancora nella sua casa di Milano, l’autore di Nottetempo e Retablo non ha voluto rispondere: «Non ne voglio parlare, è una vicenda che non voglio sia divulgata», ha ribadito. E alla domanda sulle motivazioni che presiedono al ritiro improvviso del suo intervento ha chiuso la comunicazione con un laconico: «Lo chieda a Saviano». Per qualcuno ci potrebbe essere anche un senso di ingratitudine sofferta dallo scrittore siciliano che ha ospitato nella sua casa milanese l’autore di Gomorra e che forse si aspettava almeno una citazione nel pantheon del giovane collega. Così non è stato e all’inconciliabile dissenso sulle affinità letterarie, forse si è aggiunto anche il dispiacere per il mancato omaggio.




Premetto che ritengo (sbaglierò, ma tant'è) Saviano il contraltare di Melissa P., però quando ho letto gli autori citati dall'autore di Gomorra ho pensato: ma li ha letti veramente, o è marketing anche questo? Mi spiego: va bene Céline e Pound, passi Evola; ma Carl Schmitt???

Comunque, dettagli a parte, una ennesima triste pagina, l"addio" di Consolo, della consorteria intellò italiana.

19 commenti:

lazard ha detto...

ma da quante parti suonano le sirene dell'approprazione indebita? le trombe si spompano! basta fare due nomi per rovesciare i tavoli? con che credenziali il Giornale di famiglia parla di Céline??? la cosa che mi torce il didentro nn è Saviano (che è un discorso a parte) ma il pulpito da dove escono tali scorregge! destra, sinistra, berlusconi, panorama, saviano! chi tocca Céline ne deve essere degno, deve avere le palle quadrate... no i massoni filoamericani produttori televisivi della generazione-detersivo!

nn accaparratevi gli eroi delle persone serie!

Anonimo ha detto...

Non so se Saviano ha letto gli autori citati, in particolare il nostro... ma recentemente avevo visto un'altra sua intervista in cui ricordava ed elegiava la figura morale di Giorgio Almirante... insonna un ortodosso di sinistra di certo non è...

Yanez ha detto...

Capirai che coraggio ci vuole a citare Céline, Pound e compagnia adesso, dopo che altri hanno speso una vita a rendere questi autori "digeribili" per il Grande Pubblico di Sinistra. E' tornato di gran moda pure l'antisemitismo (magari in salsa araba)... Giusto una mummia come Consolo può ancora scandalizzarsi. Chi vuol fare il coraggioso, provi a citare Allan Bloom e Leo Strauss!

Meridiano ha detto...

temo il marketing. Nel senso, che anche Bertinotti (allora leader) dichiarò che il libro migliore letto da sempre era stato il Viaggio e che Céline era un autore da cui non si poteva prescindere ma da questo nessuna conseguenza. In realtà dopo Gomorra il nulla e allora i nostri scrittorini devo trovare il modo di far parlare di sé altrimenti è la fine. E attenzione: non lo fanno pubblicando capolavori, ma facendo dichiarazioni. Poi pilotano le incazzature. Tu ti incazzi con me poi io con te e via dicendo. E dire che Louis Ferdinand Céline l'aveva previsto...
ex Sisyphus

Andrea Lombardi ha detto...

Eccoci!

vabbè, il Giornale complessivamente è quel che è, però nella pagina della cultura spuntano spesso articoli migliori della media, e direi che sul nostro Céline Solinas quando può scrive, e bene.

Su Saviano, credo che anche la sua uscita da Almirante sia solo opportunistica "per fare il personaggio fuori dagli schemi".

Non a caso cita Céline, Juenger, Schmitt e Almirante, ossia i più noti "tag" della destra (ossia quelli che può aver soltanto prima o poi orecchiato), non certo qualche sconosciuto scritto semiesoterico di Eliade o Mieville...

Ad ogni modo, come al solito grazie per le vostre riflessioni!

Ciao,

Andrea

Meridiano ha detto...

in effetti qui non è in discussione Il Giornale o il giornalista. Oggi è morto Salinger che è un esempio di come uno scrittore dovrebbe far parlare le sue opere o anche una sola di esse e non la sua bocca. Cormac McCarthy è illuminante al proposito. E invece a volte gli intellettuali di casa nostra tendono a esaltare quello che dicono per, come dire, rimediare alla mediocrità di quello che scrivono

Anonimo ha detto...

io nn sn del vostro stesso parere. se sostenete che saviano cerchi di procacciarsi l'alone dell'angelo un po' maledetto sul pubblico citando il nome del nostro, nn vedo perché nn si debba sospettare Il Giornale di rastrellarsi Céline per fini politici. io, tra i due (Giornale e Saviano) preferisco Saviano, perché mentre il secondo denuncia la mafia e ne paga le conseguenze come persona ''quotidiana'' prima che come scrittore, il secondo tutto è fuorché un organo di informazione come quando era diretto da Indro Montanelli(personaggio, questo sì, di destra).
per me saviano ha solo espresso le sue preferenze letterarie, elencando gli scrittori su cui si è formato. Il Giornale invece deve fare il ''di destra'' (quando tutto è il partito di riferimento fuorché di destra) e strumentalizza Cèline per il suo trascroso politico e la sua importanza umanamente riconosciuta a livello letterario e storico.

Consolo poi è ridicolo, ma nn frega a nessuno. la cornice è marcia.
un saluto
davide ruffini

Roberto ha detto...

Secondo me Saviano non ha un secondo fine. È un ammiratore di Céline. Parlò di lui anche a Che tempo che fa. Quella parte dell’intervista inizia a quattro minuti e ventiquattro secondi della registrazione alla quale potete assistere con questo collegamento: http://www.youtube.com/watch?v=FBgKeOIyuAk

Il signorx ha detto...

"L'atelier de la Littèrature italienne" è un vero supermarket di comicità; un luogo in cui per questioni politiche anche le formiche, i pappagalli e gli scimpanzè hanno qualcosa da dire. Soprattutto per quel che riguardala formazione, la morale, la condotta e l'Onore.

Mi stupisco perché mai sia così tanto ignorato dagli scrittori satirici e dai registi di costume holliwoodiani.

In quanto a Saviano, (caso alquanto singolare) non credo che le figure retoriche di cui si serve per gemere la sua passione siano di natura fittizia.
Trovo, invece, vomitevole, abietta la strumentalizzazione politica e mediatica che si fa di Cèline.

guignol ha detto...

...sono d'accordo con Ilsignorx...mi sto un po' stufando anch'io della strumentalizzazione del nome "Céline", che salta fuori ultimamente così tanto che è un piacere...a me non garba molto che venga citato così spesso anche a sproposito.
In quanto a Saviano, non ho niente contro di lui, solo non mi pare tanto eccezionale quello che ha fatto finora.
salutissimi da Rosa

Roberto ha detto...

Da La Repubblica di venerdí 25 novembre 2005.

Bertinotti si racconta: Céline, la moglie Lella, la fabbrica anni ’60

Céline. «Ho imparato, leggendo Céline, l’intollerabilità della presunzione progressista. Céline è bello: nel senso che raggiunge una forma artistica alta e comunicativa, seppure tragica e regressiva dal punto di vista di ciò che a me pare la cultura necessaria all’umanità. Ma questo suo altissimo raggiungimento nella produzione artistica è innegabile, e io, come persona, ne fruisco».

Meridiano ha detto...

chissà cosa avrebbe pensato Louis Ferdinand Céline di uno scrittore potente e refrattario alle interviste come Cormac McCarthy?

Andrea Lombardi ha detto...

@ Roberto:

Visto? Il Fausto B. ha letto sicuramente Céline, perchè nonostante non sia un fine intellettualscrittore come Saviano, ha dato al giornalista anche una sua interpretazione; le citazioni di Saviano mi sembrano invece 3-4 nomi buttati lì, magari giusto sfogliati...

@ Meridiano:

"Oltre il confine" a Céline rischierebbe di piacere :-)

Roberto ha detto...

Perché dubitare?

Andrea Lombardi ha detto...

Ciao,

perchè passi Céline e Juenger, ma credendo ancora che per citare un autore si debbano leggere e comprendere a fondo i suoi libri, continua a essere per me difficile credere che Saviano si sia realmente sparato e ponderato Il nomos della terra nel diritto internazionale dello Jus publicum europaeum o Le categorie del politico...

E credo lo stesso valga per Pound; una cosa è sfogliarlo, altra è comprenderlo.

E se li si comprende a fondo (parlo di Pound e del Juenger da Boschetto 125 indietro; Schmitt rimane un tecnico) ci sono buone probabilità che la tua vita da quel momento in poi diventi quella del soldato politico, più che del lettore.

Roberto ha detto...

E Saviano non è proprio un soldato politico?

johnny doe ha detto...

Non è che adesso c'è in atto una specie di arruolamento da parte della sinistra di autori eretici da sempre ingiustamente emarginati per renderli fruibili ai loro stanchi e delusi lettori di utopie sociali e che ora che devono accontentarsi dei vari commissari in salsa gaddiana,dei wu ming o della Nazione Indiana?
Già alcuni di questi geni dicono che praticamente Proust è illeggibile e uno addirittura si chiede:"Ma chi è mai riuscito a leggere fino in fondo il Viaggio?".
Siamo allo stato di pura demenza.
Dall'altra parte,e il caso Saviano (vero o truccato) lo dimostra,c'è ancora in essere una specie di politburo degli scrittori che infantilmente ed anacronisticamente lanciano scomuniche a coloro che non si adeguano ad una ortodossia ,a dogmi ammuffiti o all'organicità intellettuale gramsciana,fonte di infiniti disastri per la cultura italiana.Tutto sommato,meglio quest'ultimi giapponesi nella jungla dei loro pregiudizi che le appropriazioni fraudolentemente tentate.(Ricordate che è successo con Nietzsche e Pessoa?).
Lasciateci stare i Celine,i Beckett,i Joyce,i Pound....e accontentatevi dei vostri Scurati,Consolo,Camilleri,Moccia...

Andrea Lombardi ha detto...

L'idea è quella :-)

Aggiungerei solo, come nota ancor più pessimistica sulla cultura italiana, che non è solo questione dx/sx, ma di una innata pulsione al conformismo...

johnny doe ha detto...

Vero circa il conformismo (ed il provincialismo)di molta cultura italiana,ma chi è più conformista (e ipocrita) dell'intellettuale organico trincerato dietro ai suoi dogmi,ai quali devono sottostare e conformarsi i fatti?