lunedì 10 agosto 2020

La biblioteca di Céline - "Sartre e altri scrittori troppo stupidi per me", di Alessandro Gnocchi





Quanto siete disposti a sacrificare per una battuta sulfurea ben riuscita? Tutto? Niente? Céline non aveva timore di giocarsi la reputazione. L'iperbole spinta fino all'assurdo caratterizza non solo i suoi pamphlet, primo fra tutti il famigerato Bagattelle per un massacro, ma anche la sua corrispondenza.

Non fa alcuna differenza se gli interlocutori sono i lettori, le amiche o il suo editore. Céline va a tavoletta, ottenendo sempre l'effetto voluto: sorprendere, scandalizzare, disorientare. A volte viene il sospetto che Céline metta alla prova chi legge e si chieda: mi prenderanno sul serio? Capiranno il grottesco delle mie esagerazioni? Era inevitabile prendere sul serio. Céline non mentiva. Si limitava (si fa per dire) a portare la sua opinione all'eccesso per evitare il rischio di essere noioso, verboso, intellettualoide.

Un esempio interessante e molto divertente di questo modo di esprimersi si trova in La Bibliothèque de Louis-Ferdinand Céline, a cura di Laurent Simon & Jean-Paul Louis, Du Lérot éditeur (due volumi, pagg. 374+382, euro 90). Un lavoro monumentale, accuratissimo, utile allo studioso, formidabile per il semplice appassionato. In sostanza è un dizionario degli autori e delle opere citate da Céline negli scritti e nelle interviste. L'opera illumina alcuni aspetti centrali di Céline che rivela le sue fonti di ispirazione, per niente scontate. Da dove nasce, per esempio, la piccola musica, lo stile «jazzato», frenetico, fondato su una punteggiatura particolare, i famosi tre puntini di sospensione? Nelle pagine della Bibliothèque si trova risposta. Non è l'unico pregio dei due tomi. Viene fuori di prepotenza la cultura di Céline, lettore non particolarmente moderno, anzi, attardato su nomi e movimenti che, specie dopo la Seconda guerra mondiale, molti avrebbero ritenuto sepolti. Ne esce infine una mappa esilarante degli scrittori contemporanei divisi nettamente in due categorie: amici (due o tre) e nemici (due o tre legioni).

Ecco un assaggio di cosa potete trovare nella Biblioteca di Céline.

MAESTRI

Paul Morand «lo riconosco come mio maestro come il Barbusse del Fuoco». Morand, autore di innumerevoli capolavori come Lewis et Irène, e Henri Barbusse (solo quello del Fuoco, però) sono modelli di stile. Entrambi hanno contribuito alla idea della «piccola musica», Morand per la prosa «jazzata», Barbusse per le innovazioni introdotte nei dialoghi. Il terzo nume è il romanziere svizzero Charles Ferdinand Ramuz, autore di Joie dans le ciel, per la concezione di prosa «oralizzata» spiegata nella Lettre à Bernard Grasset (1929).

AMICI

Pochi ma buoni. Marcel Aymé: «Come autore di racconti è meglio di Maupassant». L'autore del Passamura è stimato anche per il suo coraggio. Passato indenne dall'epurazione, nonostante l'assidua presenza tra le colonne di Je suis partout, rivista dei collaborazionisti, Aymé si batterà contro la vendetta dei vincitori, difenderà Maurice Bardèche e rifiuterà la Legione d'onore. Roger Nimier: «Gli scrittori francesi rinnegano la lingua francese, preferiscono il francese da traduzione ... Tutti eccetto Nimier». Nimier, autore delle Spade e dell'Ussaro blu, era stato l'enfant prodige della letteratura del Dopoguerra. Divenuto consulente di Gallimard, è tra i principali responsabili della riabilitazione «editoriale» di Céline. Fu il caposcuola degli Ussari, corrente anticonformista, reazionaria, in opposizione al dominio di Sartre. Tra questi scrittori, Céline apprezzava anche Antoine Blondin. Ma Nimier era un vero amico, uno dei pochissimi presenti al funerale di Céline.

Tra i «buoni», Céline ammette anche tre italiani. Al Curzio Malaparte di Kaputt è imputato uno stile brillante, per quanto giornalistico. Di Gabriele d'Annunzio resta soprattutto il personaggio intravisto nel 1914 a Parigi. A Pirandello invece sono tributati grandi onori: «Certamente, con Gordon Craig, è il maestro del teatro della nostra epoca». Per il resto, Céline non sembra dare alcuna importanza a quanto accaduto in Italia dopo Machiavelli. Come dargli torto?

NEMICI

In questo ambito c'è solo l'imbarazzo della scelta. Escludiamo l'impubblicabile ovvero gli insulti spietati a D.H. Lawrence, Marcel Proust, James Joyce. Prendiamo Louis Aragon. Si erano conosciuti attraverso l'editore Robert Denoël. Aragon, surrealista, comunista, autore di Aurélien, provava un vivace interesse per Céline, che in cambio lo riteneva un «superidiota». Aragon voleva arruolare Céline tra i filosovietici e gli intimò di schierarsi. Céline rispose a modo suo, con il pamphlet Mea culpa, una secchiata di vetriolo in faccia al socialismo reale. Per ricucire, nel 1944, Céline invio ad Aragon una copia di Guignol's Band. Ottima la dedica: «Ad Aragon, il prossimo procuratore generale del comitato della grande purificazione». Che diplomatico...

Molto nota la vicenda dell'odio nei confronti di Jean-Paul Sartre. Aggiungiamo solo che Céline annuncia di fare marcia indietro, a modo suo: «L'individuo è davvero troppo stupido, è scoraggiante».

Meno nota la sorte di Allen Ginsberg e William Burroughs, padrini della Beat Generation, in visita a Céline. Piccolo particolare. Ginsberg ignorava il disprezzo viscerale di Céline nei confronti della letteratura a stelle e strisce. Primo esempio, William Faulkner: «Non mi assomiglia per niente e non è un mio discepolo. Tutto ciò che è americano o inglese mi è completamente indigesto». Secondo esempio, Ernest Hemingway: «Uno sbruffone e un dilettante».

Ginsberg e Burroughs sono ricevuti gentilmente nel 1960. Il primo regala Howl a Céline. Il secondo porge una copia del romanzo Junky. Céline osserva i libri con negligenza e li appoggia nell'angolo più lontano della scrivania. Burroughs capisce il messaggio: Céline non ha tempo da perdere con le loro opere e sprofonda nell'imbarazzo mentre Ginsberg dà prova di logorrea.

Il sarcasmo verso la repubblica delle lettere è spietato. Céline si lamenta della pubblicità e del consenso ottenuto da personaggi di cartapesta: «Visto che F. Sagan (l'autrice di Bonjour tristesse, ndr) è indicata dalla stampa mondiale come un genio del calibro di Rimbaud, mi dovrete collocare, una volta per tutte, tra Rabelais e Dostoïevski, e senza esitazioni».

Questi sono semplici assaggi, per dare un'idea di quale sia La Bibliothèque de Louis-Ferdinand Céline. Si possono costruire percorsi «personalizzati» che portano sempre a scoperte interessanti. I classici latini erano assai presenti nella cultura di Céline. Tra i filosofi, sembra spiccare Blaise Pascal ma Céline conosceva anche Friedrich Nietsche e Oswald Spengler. In Danimarca, durante la reclusione, Céline meditò molto Chateaubriand (non le opere narrative) e gli aforismi di La Rochefoucauld.

Alessandro Gnocchi

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